Marzia Ordelaffi detta Cia nacque a Forlì forse il 21 giugno del 1317, ovvero nel giorno del solstizio d’estate.
La data è presunta dal testamento materno che le assegnava una dote di quindicimila fiorini d’oro e un lascito di ulteriori cinquecento fiorini.
Si vuole che trascorresse l’infanzia in uno dei castelli appenninici dell’antico dominatus dei Pagani e che l’essere cresciuta in una realtà signorile e rurale fra Montanari usi alla guerra esaltasse il mito della donna esperta …maravigliosamente d’arme e di capitaneria…, stando alle parole della Cronica di Villani.
Fu, infatti, abile Amministratrice della cosa pubblica; impavida e bellissima; Guerriera fieramente ghibellina e Signora Consorte di Cesena e Forli.
Figlia del Signore di Susinana Vanni Ubaldini e di Andrea Pagani, contrasse nozze con Francesco II Ordelaffi nel 1334, secondo gli Annales Caesenates.
L’anno coincise con la presa di Cesena, ove egli impose una signoria fondata sull’autorità personale e familiare.
Occupò la ribalta pubblica verso la metà del secolo: nel maggio del 1351, quando soccorse in armi il figlio Ludovico favorendo il vittorioso esito della battaglia di Dovadola; nella strenua opposizione all’assalto papale contro le mura di Cesena nel 1354; nell’assedio subito dalla stessa città nel 1357, quando contenne la crociata contro i Forlivesi e difese Cesena dalle agguerrite truppe del Cardinale Egidio Albornoz.
Il suo esempio fu poi raccolto da Caterina Riario Sforza, impegnata nella difesa parimenti eroica e sfortunata della Rocca di Ravaldino dall’attacco di Cesare Borgia.
Il suo impegno politico e militare si collocò nella cornice della politica di assoggettamento delle città romagnole perseguita dopo il 1353 dal Cardinale Legato e Vicario della Chiesa.
In quel frangente Francesco Ordelaffi, sodale di Bernabò Visconti contro il Papato e Signore di Forlì; Forlimpopoli; Bertinoro e Cesena, si avvalse del supporto della moglie cui affidò il presidio cesenate.
L’attacco di Albornoz nell’agosto del 1354 fu violentissimo: con una sortita a sorpresa, alla testa dei suoi Fedelissimi, Cia si oppose al contingente comandato dal Conte Carlo di Dovadola che fu mortalmente ferito mentre venivano tratti prigionieri due figli di Ramberto Malatesta.
Ancora Villani scrisse che ella si era comportata …non come femina, ma come vertudioso cavaliere…
Nell’aprile del 1357 il Cardinale Albornoz decise di sferrare il colpo decisivo alla signoria ordelaffiana profittando dell’isolamento politico dello scomunicato Francesco che, in un consiglio di guerra tenuto a Forlì, rifiutò di negoziare la resa ed affidò la difesa cittadina alla moglie con l’ausilio dei Consiglieri Sgaraglino da Pietracuta e Giorgio Tiberti; di duecento Cavalieri e di un gran numero di Fanti. Tuttavia, il 29 di quel mese, nel timore di dover affrontare un duro assedio e aizzati da segmenti della Nobiltà locale, i Cesenati insorsero inneggiando alla Chiesa.
Alla testa di un manipolo di Mercenari Cia si arroccò, allora, nella Murata col figlio Sinnibaldo e i nipoti Giovanni e Tebaldo; fece giustiziare alcuni Ostaggi catturati durante la sommossa e fece poi arrestare e decapitare per tradimento Giorgio Tiberti e Sgaraglino da Pietracuta.
La situazione era disperata: Albornoz aveva fatto venire da Ancona otto grandi macchine da guerra: il 28 maggio, anche per la diserzione di parte delle Milizie, la città fu espugnata da Galeotto Malatesta e da Roberto Alidosi.
Cia riparò attraverso i sotterranei nella fortificazione maggiore della rocca e potendo contare su un congruo numero di Armati (secondo Villani circa quattrocento, decisi fino alla morte) ritardò la capitolazione arrendendosi solo il 21 giugno dopo aver mantenuto un comportamento … ardito e franco, più che virile….
Ancora secondo Villani, chiese all’Albornoz un salvacondotto per i suoi Uomini ma non per se stessa. Il Cardinale lo concesse e la fece poi deportare ad Ancona ove, onorata da molti riguardi, ella tenne un contegno sprezzante …come se la vittoria fosse stata sua… .
Dopo circa due anni di prigionia, nel luglio del 1359 fu scarcerata ed anche Forlì fu conquistata: Francesco Ordelaffi rinunciò a ogni pretesa; fu prosciolto dalla scomunica e Cia poté riunirsi al Coniuge ed ai figli, esiliati a Chioggia e poi a Venezia.
Da allora, se egli ricoprì incarichi militari al servizio della Serenissima, di Cia non si ebbero più notizie fino alla morte, avvenuta nel 1381 quando aveva 64 anni.
Il rito funebre fu officiato nella chiesa di Sant’Agostino e le sue spoglie con quelle del Marito furono traslate a Forlì nel 1381 nella chiesa di S. Agostino, su disposizione del figlio Sinibaldo cui Urbano VI aveva restituito la signoria e conferito il titolo di Vicario apostolico.
Anni più tardi i resti della Coppia furono traslati nella ormai inesistente chiesa di San Francesco.
Villani consegnò la vicenda della Ubaldini alla Storia come fonte d’esempio, precisando che se l’assedio di Cesena ...fosse avvenuto al tempo de’ Romani, i grandi autori non l’avrebbono lasciata senza onore di chiara fama… e consentendo alla sua figura di saldarsi all’immaginario collettivo; di occupare il Risorgimento e di proporsi come emblema dell’eroismo femminile patriottico.
Così recitò l'anonima Vita di Cola di Rienzo: …In Cesena staieva madonna Cia, la moglie dello capitanio de Forlì, con suoi nepoti e con granne forestaria drento dalla rocca. A questa madonna Cia lo capitanio scrisse una lettera. La lettera diceva così: "Cia, aiate bona e sollicita cura della citate de Cesena". Madonna Cia respuse in questa forma: "Signore mio, piacciave de avere bona cura de Forlì, ca io averaio bona cura de Cesena…
L’assalto di Cesena
Dopo aver conquistato vari possedimenti dell’Italia centrale a colpi di minacce e ricatti e lusighe, l’Albornoz si concentrò sulla irriducibilmente ghibellina famiglia Ordelaffi e, per isolare Francesco dal contesto civile e politico, chiese al Papa di scomunicarlo con tutta la famiglia.
Cominciò così la crociata contro i forlivesi, sostenuti dai Milanesi di Bernabò Visconti.
I coniugi si divisero i compiti difensivi: Cia si occupò della difesa di Cesena; il marito della protezione di Forlì.
Il Cardinale confidava in duemila Barbute, ovvero soldati al soldo della Chiesa; presumibilmente a cavallo e identificati tramite l’elmo che indossavano: nominato Gonfaloniere e capitano di guerra Galeotto Malatesta, pose sotto assedio Cia che non si lasciò intimidire.
Il 24 aprile del 1357, comandate da costui le milizie papali irruppero nelle terre degli Ordelaffi presidiate con …dugento cavalieri e con assai masnadieri…; ma quando i Nemici furono sotto le mura, Cia dovette fronteggiare l’imponderata paura della popolazione che insorse; aprì le porte agli Invasori e patteggiò la resa, stante la netta inferiorità numerica fra Occupati ed Occupanti.
Malatesta entrò con mille e cinquecento Cavalieri nella prima cerchia muraria.
Ella, che non aveva potuto prevedere l’insubordinazione popolare, fu costretta ad arretrare nella seconda cerchia di mura e nella rocca con tutto l’esercito.
Per ristabilire la propria autorità fece decapitare i traditori.
Nel frattempo Francesco, appreso dell’attacco a Cesena e della situazione di pericolo in cui versava la moglie, sollecitò vanamente l’aiuto dell’alleato Bernabò Visconti e assoldò la Compagnia di Ventura mercenaria del Conte Lando, ovvero il Condottiero tedesco Konrad Wirtinger von Landau.
Costui mosse guerra all’Albornoz; fu scomunicato e pur conducendo aggressive incursioni ed infliggendo grosse perdite al Cardinale, non raggiunse mai la assediata Cesena bombardata da potenti macchine mentre l’Avversario negoziava segretamente la resa della città con i due Consiglieri di Cia.
Appresa la verità, ella li fece giustiziare mentre la crociata contro i Forlivesi minacciava di dilagare ben oltre le Marche e la Romagna.
Una Delegazione fiorentina chiese udienza a Francesco che rifiutò ogni compromesso: non aveva intenzione di perdere neppure una zolla di terra ed era deciso a resistere.
Mentre egli si opponeva ad ogni soluzione negoziale, Cia contrastava gli assalti di Galeotto Malatesta alla cui formidabile potenza erano inadeguati i Mercenari tedeschi.
Dopo una lotta all’ultimo sangue, la nobile Guerriera fu costretta a rifugiarsi nell’ultimo bastione assieme ai Cavalieri sopravvissuti e impegnati nell’ultima ed estrema difesa …per singulare amore infino alla morte…
A quel punto, senza fondati riscontri storici, suo padre Giovanni degli Ubaldini chiese al Capitano Malatesta e al Cardinale Legato di parlarle.
L’incontro fu tanto solenne, che …se questo fosse avvenuto al tempo de’ Romani, i grandi autori non l’avrebbono lasciata senza onore di chiara fama….
Il genitore si appellò al buonsenso della figlia ma ella affermò che il compito assegnatole dal coniuge sarebbe stato onorato ad ogni costo: …La morte, e ogni altra cosa curo poco, ov’io ubbidisca a’suoi comandamenti… e tuttavia, sollecitata dai suoi stessi Fedelissimi consegnò la città trattando con il Legato la loro salvezza ed incassandone la condizione di …franchi e liberi…
Cia con la famiglia fu deportata nelle carceri di Ancona e vi furono tutti detenuti per due anni, ovvero fino al luglio del 1359 quando anche il marito si arrese e fu graziato ed affrancato dalla scomunica.
L’impegno militare della coraggiosa Nobildonna, dunque, si concluse con una sconfitta onorevole e dignitosa: ella non chinò mai il capo e perfino l’Albornoz ne apprezzò fierezza e dignità: … E il legato maravigliandosi della costanza di questa donna, benché la ritenesse prigione a fine di piuttosto domare l’alterezza del capitano, assai la fece atare onestamente, e bene servire….
Bibliografia
G. Pecci: Gli Ordelaffi, signori di Forlì
S. Spada: Gli Ordelaffi. Signori di Forlì e Cesena