Giugno 8, 2023

Bianchi e Neri a Santa Trinita

Bianchi e Neri furono le due fazioni in cui si divisero verso la fine del XIII secolo, pur tutti sostenitori del Papa, prima i Guelfi di Pistoia e dopo i Guelfi di Firenze ormai egemoni in città dopo l’espulsione dei Ghibellini.

Gli Uni, favorevoli alla Signoria, consistevano di un gruppo di famiglie aperte alle forze popolari; perseguivano l'indipendenza politica ed erano espressivi di una decisa autonomia anche nei confronti della Chiesa, opponendosi alla sua ingerenza nel governo cittadino.

Gli Altri, che rappresentavano gli interessi del Notabilato fiorentino, erano strettamente legati al Clero e ne accettavano il controllo totale negli affari di politica interna, incoraggiando l'espansione dell'autorità ecclesiale in tutta la Toscana.

La loro rivalità fu dominante in particolare nel primo decennio del ‘300 a Firenze, a Pistoia e in altri centri toscani come prova la Divina Commedia di Dante Alighieri.

Antefatti

Queste due parti, Neri e Bianchi, nacquono d'una famiglia che si chiamava Cancellieri, che si divise: per che alcuni congiunti si chiamarono Bianchi, gli altri Neri; e così fu divisa tutta la città… (D. Compagni: Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi)

Secondo anche un racconto del Cronista Giovanni Villani, fu a Pistoia che maturò quella scissione causata da una lite tra i figli di primo e secondo letto di un Cancellieri, distinti dal colore dei capelli simbolico della anzianità.

Nelle Istorie pistoiesi, l’omonimo Anonimo annotò che lo scontro avvenne tra Carlino di messer Gualfredi di parte Bianca e Dore di Messer Guglielmo di parte nera.

La rottura familiare ebbe enormi ripercussioni politico/sociali con le cariche di governo elette a metà tra un partito e l'altro e giuste a sancire gli schieramenti.

La circostanza era ben nota ai Fiorentini che vi inviavano da tempo un Podestà e che non di rado sfruttavano la locale situazione di debolezza istituzionale incassando denaro attraverso Magistrati corrotti, dai quali venivano spesso comminate multe per le frequenti discordie con conseguente erogazione delle percentuali sulle ammende pecuniarie.

A capo dei Bianchi c’era Schiatta Amati, parente dei Cerchi di Firenze.

A capo dei Neri c’era Simone da Pantano, amico di Corso Donati.

Entrambi, dunque, erano della famiglia Cancellieri.

I più violenti Responsabili dei disordini locali tra il 1294 e il 1296 furono esiliati a Firenze ove i Bianchi trovarono l'appoggio della famiglia dei Cerchi e i Neri incontrarono il sostegno della famiglia dei Donati.

In seguito tale contrappoizione tra gli Uni che, pur difendendo il Papa, non precludevano il coinvolgimento dell'Imperatore e gli Altri che ritenevano giusto affidare il governo al Papa quale misso domenici, ovvero inviato dal Signore, si fece assai aspra promuovendo le premesse per un regolamento di conti concluso a Firenze con la vittoria dei Neri e l’esilio di tutti i Bianchi, tra cui Dante Alighieri.

In realtà, dopo la cacciata dei Ghibellini e dopo la loro definitiva sconfitta a Campaldino nel 1289, le rivalità non si attenuarono ma si estesero gradualmente e riaccesero la conflittualità fra i Cerchi e i Donati.

A Firenze la scintilla fu accesa da questioni di vicinato: i Cerchi, Mercanti di recente ricchezza definiti da Dante la parte selvaggia, avevano comprato proprietà dei Conti Guidi confinanti con quelle dei supponenti ed elitari Donati.

I rispettivi capifamiglia Vieri e Corso animarono il cosiddetto Vicolo dello Scandalo lacerato da conflitti impuniti da un sistema giudiziario corrotto ed incapace di dirimere le controversie.

Le violenze

All'inizio del ‘300 la rivalità si fece più netta e …a poco a poco tutti trascinò seco, anche i religiosi, anche le donne… (Isidoro del Lungo)

La violenza dei comportamenti è testimoniata da Dino Compagni, da Giovanni Villani e dallo stesso Dante e si intensificò quando il vedovo Corso Donati passò a nuove nozze con Tessa Ubertini, parente dei Cerchi, negando diritti ereditari alla famiglia di lei.

Fu il primo di tre atti di eclatante rottura.

Accadde poi che alcuni giovani membri delle due famiglie venissero alle mani: poiché nessuno volle pagare la multa pecuniaria, furono tutti trattenuti nel Bargello ove ai Cerchi furono propinati migliacci avvelenati che procurarono sofferenze e sei decessi. Del fatto fu accusato Corso Donati, ma non fu provata la sua colpevolezza.

Dopo tale episodio i Cerchi dettero vita ad una sorta di contro-schieramento cui aderirono Lapo Saltarelli, Donato Ristori e molti Popolani indignati dall’arroganza dei Donati.

Il terzo incidente si verificò in occasione di una cerimonia funebre per la sepoltura di una donna avvenuta in Oltrarno, vicino al Ponte di Santa Trinita nel gennaio del 1297.

Lo racconta Compagni: … essendo a sedere, i Donati e i Cerchi, in terra (quelli che non erano cavalieri), l'una parte al dirimpetto all'altra, uno o per racconciarsi i panni o per altra cagione, si levò ritto. Gli adversari, per sospetto, anche si levorono, e missono mano alle spade; gli altri feciono il simile: e vennono alla zuffa

Le circostanze non degenerarono per l’immediato intervento di Paciari, ma a sera molti Cittadini sollecitarono la punizione dell’affronto dei Donati riunendosi sotto le case dei Cerchi. Tuttavia essi si opposero al ricorso alle armi: il loro pacifismo, definito viltà da Dante, motivò sempre quel mancato colpo di mano che gli avrebbe assicurato una vittoria per la mole di Sodali e Alleati. Essi, peraltro, vantavano minacciosamente il sostegno di Pisa ed Arezzo; del che fu informato Bonifacio VIII non ancora intervenuto, malgrado curasse molti interessi in Firenze a partire dai capitali giusti a finanziare le sue attività.

Egli mandò come Negoziatore il Cardinale Matteo d’Acquasparta che, non ottenute deleghe locali a trattare, si stabilì a Lucca.

Nel frattempo il Consiglio dei Cento, di cui facevano parte anche Dino Compagni e Dante Alighieri come Priori, decise di confinare i Capi delle due Consorterie contando di placare gli animi: i Donateschi con i fratelli Corso e Sinibaldo furono mandati a Castel della Pieve assieme a Rosso e Rossellino della Tosa; Pazzino e Giacchinotto de’ Pazzi; Geri Spini e Porco Ranieri.

A Sarzana furono invece spostati i Sodali dei Cerchi ovvero i Gentile, i Torrigiano e Carbone della famiglia de quo assieme a Guido Cavalcanti; Baschieri della Tosa; Baldinaccio Adimari e Naldo dei Gherardini di Montagliari.

I Primi attesero che gli Altri partissero e si rifiutarono di muoversi; parallelamente, il Cardinale Paciaro marciò su Firenze in loro aiuto ma la sua avanzata fu bloccata dalla Diplomazia ed egli entrò in città senz’armi benché la sua aperta faziosità lo rendesse inviso al punto di dover abbandonare la città.

Calendimaggio

L'inizio della lotta armata vera e propria si ebbe a causa di una zuffa tra giovani Esponenti delle due casate ed avvenne il primo maggio del 1300 in Piazza Santa Trinita, ove Ricoverino de' Cerchi ebbe il naso mozzato dal donatesco Piero Spini.

E fu il primo fatto di sangue … il quale colpo fu la distruzione della nostra città, perché crebbe molto odio tra i cittadini… (Dino Compagni)

Dopo l’episodio, Corso Donati ruppe il confino e andò a Roma a sollecitare l’intervento del Papa che convocò Vieri de’ Cerchi per presentare giustificazioni e in autunno nominò Carlo di Valois Paciaro di Toscana.

In quel periodo giunsero a Firenze anche gli Esuli di parte nera di Pistoia, ora Alleati dei Donati fiorentini, così distinguendosi in Neri e Bianchi.

La linea politica dei Primi fu apertamente elitaria e filopapale; quella dei Secondi, nelle cui fila militavano Dante e Petracco Petrarca, era più vicina agli interessi del Popolo ed incline ad una politica di equidistanza tra Chiesa e Impero.

L'esilio dei neri

I Donati furono scoperti Autori di una congiura che eliminasse i Rivali, dopo una riunione segreta tenuta nel giugno del 1301 a Santa Trinita: vi era coinvolto anche Simone de' Bardi, marito di Beatrice Portinari.

Vennero puniti con l'esilio dei Capi della fazione e onerose multe.

Certi di essere sostenuti da Bonifacio e dai numerosi Istituti di credito di cui disponevano a Roma, esposero le ragioni della loro espulsione.

Per tutta risposta, il Papa sollecitò l’intervento del Valois che, entrato in Firenze nel novembre del 1301, giurò di voler pacificare la città.

Diversa è la narrativa ufficiale riferita ad un invito fatto da Carlo ai Priori presso la casa dei Frescobaldi. Insospettiti, essi non si presentarono temendo un generale arresto.

Di fatto, il Valois iniziò a promulgare leggi dure; ad esigere il pagamento di tributi per la sovvenzione della sua milizia e a nominare alla Suprema Magistratura fiorentina Cante Gabrielli da Gubbio, fedele alla Chiesa ed ai disegni papali.

La progressiva occupazione del potere coprì il rientro in città dei Donati che, violato l’esilio, si dettero a brutali saccheggi; omicidi e altre barbarie.

Carlo di Valois ricorse a vari stratagemmi per eliminare gli Oppositori, come la scoperta di un documento comprovante l’essere in atto una congiura in suo danno. Custodito nell' Archivio di Stato, esso era in sostanza un atto notarile convenuto tra i Cerchi, i Gherardini e la Repubblica di Siena; tuttavia non è mai stato chiarito se si trattasse di un originale o di una messinscena architettata dai Neri.

Sta di fatto che fu il pretesto per anche sradicare dal Contado le ultime frange della Nobiltà: la distruzione del castello di Montagliari archiviò l'epoca feudale toscana.

Nell'ottobre del 1302 i Neri detenevano il potere assoluto e si erano insediati in tutti gli uffici governativi con l'appoggio della Curia romana e della Corte francese: cessata la Podesteria, fi dal 30 giugno del 1302 Cante Gabrielli aveva irrogato centosettanta esecuzioni ed espulso seicento cittadini della fazione bianca.

Avvicinamento tra Guelfi bianchi e Ghibellini

L’esilio e i tentativi di rientrare in città con la forza, spinse i Guelfi bianchi a cercare l'appoggio ghibellino, come indica la battaglia del 1303 a Castel Puliciano ove i Fuoriusciti fiorentini sodalizzarono con Scarpetta Ordelaffi di Forlì, presso cui Dante si era rifugiato ricoprendovi il ruolo di Segretario.

La terza disaventura ebbono i Bianchi e Ghibellini (la quale gli accomunò, e i due nomi si ridussono in uno) per questa cagione: che essendo Folcieri da Calvoli podestà di Firenze, i Bianchi chiamorono Scarpetta degli Ordalaffi loro capitano, uomo giovane e temperato, nimico di Folcieri…(Dino Compagni).

I due, in effetti, erano già Avversari nel forlivese ove era prevalso il partito ordelaffiano, ma nella battaglia succitata il vincitore era stato Fulcieri.

Tosinghi e Donateschi

Dopo la cacciata dei Bianchi, le tensioni si erano attenuate per un breve periodo ma i Neri Rosso della Tosa e Corso Donati si erano scontrati per il governo della città, spianando la via alle due nuove fazioni: i Tosinghi e i Donateschi

Nel 1301 gli Uni avevano imposto il loro controllo sulla Diocesi con il Vescovo loro parente Lottieri della Tosa.

Alla occupazione della cattedra, Corso aveva opposto prima un sodalizio con i Cavalcanti e poi un’alleanza con i Fuoriusciti ghibellini.

La circostanza nel 1308 degenerò nel saccheggio ed incendio delle sue case e nel suo assassinio, come ricorda anche Dante nel Purgatorio Canto XXIV.

E la normalità riprese!

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