Discendenti dei Marchesi del Vasto, del ramo piemontese degli Aleramidi, prima che per l’impegno politico i Lancia erano stati resi celebri da uno dei suoi Capostipiti che aveva mutuato il cognome dall'attività di Lanciere dell'Imperatore Federico I Barbarossa: il Trovatore Manfredi di Busca, Protagonista di una disputa letteraria con Peire Vidal fra il 1181 ed il 1190.
Più oltre Manfredi II, nato fra il 1185 ed il 1195, ghibellino acceso per tradizione familiare ed amico personale di Federico II di Hohenstaufen, si batté con tale straordinario ardimento per la causa imperiale da meritare il premio della Podesteria cittadina ed il rango di Dilecuts Affinis fino a diventare Vicario Generale dell'Impero per l'Italia verso il 1240 e poi Capitano Imperiale di Asti e Pavia.
Alla sua morte, il suo erede Galvano fu nominato Vicario di Toscana e nel 1256 ricevette il titolo di Gran Maresciallo di Sicilia.
Partigiano di Re Manfredi di Sicilia, dopo la drammatica battaglia di Benevento del 26 febbraio del 1266, egli si rifugiò in Calabria assieme al germano Federico e vi organizzò e capeggiò la resistenza armata contro Charles d'Anjou.
In seguito si schierò con il quindicenne Corradino, ma tratto Prigioniero dai Francesi a Tagliacozzo fu decapitato assieme al figlio Galeotto.
Come annota Domenico Gerrazzi, a conclusione di quello stesso scontro fu arrestato e decollato anche il più giovane dei nipoti ovvero il valoroso Giordano d'Agliano che, già Vicario Generale dell'Impero nell'Italia centrale, aveva combattuto in prima linea nel 1260 a Montaperti rifulgendo d'eroismo accanto alla leggendaria figura di Manente degli Uberti detto Farinata.
I Lancia si estinsero con Corrado che, ritiratosi presso la Corte aragonese, aveva brillato nella Guerra del Vespro come Ammiraglio di Pietro III.
Per circa due secoli essi avevano servito lealmente la causa degli Hohenstaufen, fino a condividerne l'infausto destino politico ed umano anche per la saldatura familiare determinata dalla relazione di Federico II con la bellissima Bianca nipote di Manfredi II e figlia di Bonifazio d'Agliano.
Cresciuta ed educata a Brolo, uno dei più suggestivi siti castellari della provincia di Messina, nel 1232 ella aveva conosciuto l'Imperatore a Lagopesole ove aveva fatto alcuni giorni di sosta, nel corso di un viaggio con lo zio Marchese del Vasto.
Aveva sedici anni, quando infiammò il cuore dell'Uomo più potente del Medio Evo.
Dalla più discussa e romantica relazione della Storia di quel secolo nacquero certamente Costanza e Manfredi e, a parere di molti Storici, anche Violante.
Tuttavia, le notizie riferite alla Dama Bianca sono confuse e scarsamente documentate.
Pur investita del feudo dell'ex fortilizio bizantino di Monte Sant'Angelo: l'Honor Montis S.Angeli, comprensivo delle città di Vieste e Siponto e in dotazione a tutte le Regine di Sicilia per volontà di Re Guglielmo II, ella visse nel palazzo di Gioia del Colle.
In questo edificio, che Federico volle ricostruito su un preesistente fortilizio bizantino, abbellito e dotato di imponenti mura rivestite di grosse bugne rosse, la si vuole Prigioniera della accecata gelosia di lui.
La malinconica leggenda racconta la sofferenza della Imperatrice della Torre che, in una disperata prova d'amore e a testimonianza della sua fedeltà, dopo aver partorito Manfredi, si amputò i seni e glieli inviò in un vassoio d'argento assieme al Neonato.
La Chronica di Salimbene de Adam accennò ad un matrimonio segreto ed il cronista Parisiensis riferì che, verso il 1246, simulandosi gravemente malata, Bianca supplicasse il Sovrano di sposarla in articulo mortis per la salvezza dell'anima e per il futuro dei figli. (Mon. Germ. Hist. Scriptores XXVIII)
Mancano, tuttavia, elementi obiettivi di riscontro.
Si vuole che l'Imperatore, già vedovo di Isabella d'Inghilterra, avesse maturato le condizioni per sposare la Nobildonna dalla quale aveva già avuto almeno due figli.
E' certo, tuttavia, che egli avesse rivolto le sue attenzioni per una terza unione a Gertrude nipote del Duca Enrico II d'Austria e Stiria.
La circostanza sembra consegnare la Lancia più ad un destino di Favorita che non di legittima compagna, poiché egli si avvalse dei contratti matrimoniali come strumento di consolidamento del potere politico.
Bianca non fu così potente da giustificare nozze politico/ diplomatiche, o non fu così tanto amata quanto la Storia pretende?
Quel legame, in ogni caso, si risolse in un vantaggio per lo Staufen e per la ricca famiglia di Terrieri: se da una parte fu sufficiente, pur senza l'avallo del formale contratto, a garantire all'Imperatore il consenso su un territorio potenzialmente minacciato dal progressivo sviluppo delle autonomie comunali, dall'altra appagò la vanità e le ambizioni e la intraprendenza di quella Aristocrazia rurale di grande spessore sociale, culturale e politico.
Sulla vicenda sentimentale altri dubbi furono accesi in occasione della morte di Federico: fu solo per un rigurgito di orgoglio dinastico che Manfredi, prima di imbarcarne la salma alla volta di Palermo, imponesse al corteo funebre scortato dal corpo scelto saraceno dei Giannizzeri di deviare per Gioia del Colle?
O fu un omaggio ed un congedo definitivo da esprimersi in una sintesi nuziale almeno postuma?
In definitiva, a parte le versioni romanzate di quell'unione, contrariamente alla matura Costanza d'Aragona; alla non avvenente Isabella Jolanda di Brienne; alla splendida Isabella d'Inghilterra, Bianca Lancia fu consegnata alla Storia solo come madre del biondo, bello e di gentile aspetto Re di Sicilia, malgrado sulla sua figura insista il fascino coinvolgente di un grande amore.
Bibliografia:
E. Horst, Federico II di Svevia