Giugno 20, 2023

Bianca Cappello

Era figlia del potente Bartolomeo e di Pellegrina Morosini.

Nata a Venezia nel 1548; morta a Poggio Caiano il 20 ottobre del 1587 e celebre per l’intelligenza e la raffinata bellezza testimoniata dal Tiziano, fu Amante e Consorte del Granduca Francesco I de’ Medici ed ebbe una turbolenta vita sentimentale.

Orfana della madre a dieci anni, visse una durissima infanzia con la matrigna Lucrezia Grimani e fu cresciuta secondo rigide regole che non le impedirono, a soli sedici anni, di gestire una relazione sentimentale clandestina: abitando una residenza contigua alla sede del Banco Salviati, ne conobbe il Dipendente Pietro Bonaventuri che guardò al suo appetibile lascito materno, calcolato in oltre seimila ducati.

Corrotta la Servitù e introdottosi furtivamente in casa, nella notte del 29 novembre del 1563, egli portò via Bianca a bordo di una gondola e la condusse nella sua Firenze, suscitando la durissima reazione di Bartolomeo Cappello che chiese alla Repubblica una punizione esemplare per il disonore arrecato alla figlia della quale invocò l’internamento in un convento.

La punizione si abbatté sui Complici della fuga e su Giambattista Bonaventuri che, zio di Pietro, fu arrestato e tenuto in galera fino alla morte.

La vicenda sollevò comunque sospetti e dicerie: l’Ambasciatore fiorentino di stanza a Venezia insinuò in una relazione indirizzata al Principe Francesco de’ Medici, che probabilmente Bartolomeo Cappello aveva alimentato lo scandalo per solo impadronirsi della cospicua dote di Bianca.

Dal canto suo, una volta a Firenze ella dovette confrontarsi con la decadenza sociale ed economica del Compagno: la Suocera era inferma e il Suocero ser Zanobi non aveva mezzi per sostentare la famiglia.

Ella visse sostanzialmente segregata ed assegnata a funzioni domestiche umilissime ma, per timore delle ritorsioni della Serenissima e per tutelarsi anche dalla maldicenza, essendo incinta accettò le nozze che furono celebrate secondo i dettami esitati dal Concilio di Trento.

Mise poi al mondo una figlia cui dette il nome di sua madre e si rassegnò a condizioni di vita umilianti scoprendo la doppiezza del coniuge, ovunque e da tutti pessimamente reputato.

Si vuole che presto ella entrasse in contatto con i Medici e che ottenesse solidale sostegno di Francesco figlio del Granduca Cosimo I che, a fronte delle pressioni esercitate da un Legato di Bartolomeo Cappello esigente il rientro di Bianca a Venezia, liquidò la vicenda come affare privato.

Fu quanto bastò allo spregiudicato Bonaventuri per sfruttare l’avvenenza della moglie: pur di arricchirsi, ne assecondò la relazione extraconiugale col Principe, donde la canzoncina popolare …Caterina, la miseria / T’ha ridotto grama e stanca / Ma la chiave d’arricchirsi / L’ha il marito della Bianca….

Il legame di Bianca e Francesco iniziò nel 1565 e durò per tutta la vita; ma proprio quell’anno si rivelò denso di impegni politico /diplomatici per lui che era stato destinato a nozze di estremo prestigio.

La Sposa era Giovanna d’Austria, figlia di Ferdinando I d’Asburgo: altera, non colta né intelligente ella detestava i Fiorentini, non parlava la lingua italiana ed era portatrice di una spiccata forma di nanismo e di una deformazione della spina dorsale.

Dal matrimonio, officiato in dicembre, nacque il solo figlio Filippo mentre la relazione di Francesco era ormai pubblica malgrado il Granduca lo avesse più volte invitato alla discrezione.

Nel 1566, anzi, sfidando il perbenismo fiorentino, egli trasferì la sua Amata ed il coniuge in un palazzo poco distante dalla residenza granducale di Pitti: Pietro Bonaventuri, ormai impegnato in incarichi di Corte, lo comprò per mille e ottocento fiorini; l’Architetto Bernardo Buontalenti lo restaurò e Bernardino Poccetti lo impreziosì con pregevoli decorazioni artistiche.

Nel 1572 la Granduchessa Giovanna apprese del sistematico tradimento del Marito e scrisse roventi lettere all’Imperatore e al Suocero, mentre la Rivale era costretta ad abbandonare Firenze e a rifugiarsi a Villa La Tana.

Non molto dopo, di ritorno da un convegno amoroso con una tal Cassandra, vedova di un Bonciani, Pietro fu assassinato.

In realtà egli aveva vantato in pubblico tale relazione e i Parenti del defunto marito della Donna avevano inteso riscattare l’onore familiare: mentre la famiglia della Vittima reclamava le proprietà acquistate dal figlio, Francesco dispose un atto ufficiale che dimostrasse come i beni fossero stati acquistati col denaro di Bianca il cui padre ancora ne sollecitava il rientro a Venezia.

Il rischio del confinamento in un convento era sempre alto, per cui ella si disse disposta a tornarvi solo quando si fosse risposata.

Il legame sentimentale fu consolidato il 29 agosto del 1576 dalla nascita di Antonio e furono aperte trattative con Filippo II di Spagna perché gli fosse conferito il titolo di Principe di Capestrano quale figlio del Granduca, che non perse tempo a riconoscerlo.

La paternità fu dubitata dal Cardinale Ferdinando I che perseguiva due scopi: impadronirsi della ricca eredità disposta dal fratello Francesco all’Erede ed impedirgli di rivendicare diritti successori, dal momento che il Filippo concepito da Giovanna d’Austria era morto.

Il 10 aprile del 1578 anche Costei si spense per effetto di una caduta ed eludendo i tempi canonici il vedovo sposò la Cappello segretamente.

Le nozze furono rese pubbliche solo il 10 giugno del 1579: Francesco cercò una soluzione che le riconoscesse il titolo di Granduchessa, senza appannare l’onorabilità medicea. Pertanto, chiese ed ottenne per lei dalla Repubblica di Venezia il titolo di vera e particolare figlia della Repubblica normalmente spettante alle Giovani dell’Aristocrazia maritate a Nobili.

Il requisito riconosciuto a Bianca il 15 giugno 1579 la rendeva degna di quel matrimonio e sanciva un saldo sodalizio tra Firenze e la Serenissima.

Le celebrazioni ufficiali non arginarono la reazione del Popolo che cantò: … Il Granduca di Toscana / ha sposato una puttana / gentildonna veneziana…

Ai festeggiamenti nuziali ed alla incoronazione non partecipò Ferdinando che manifestò sempre aperta ostilità alla Cognata, calunniata ed invisa malgrado la ineccepibilità della condotta: su di lei si abbatterono invidie ed accuse di pratiche magiche, fino alla insinuazione che fosse Mandante di omicidi e che fosse una strega.

La campagna di denigrazione trovò la sponda del Cardinale nonostante ella si fosse sempre spesa in suo favore, fino a persuadere Francesco a farsi carico dei suoi debiti.

La coppia elesse residenza nella prestigiosa Villa di Pratolino, inaugurata nel 1580; forte di formidabili congegni e meccanismi idraulici ideati dal Buontalenti e ricca di statue, fontane ed elementi artistici.

Gli eventi precipitarono al principio dell’autunno del 1582, quando Francesco e Bianca morirono a poche ore di distanza.

Erano nella Villa di Poggio a Caiano, assieme a Ferdinando col quale la riconciliazione fra germani era finalmente avvenuta.

L’8 ottobre avevano cominciato a denunciare stati febbrili: il Cardinale gestì il comune malessere dividendoli e isolandoli, prima di rientrare in Firenze.

La morte li colse dopo undici giorni di agonia, senza che l'uno sapesse dell'altro.

Il 19 ottobre fu l’ultimo giorno di Francesco: senza indugio alcuno, il fratello prese possesso delle due fortezze medicee e raggiunse Palazzo Vecchio per impartire disposizioni.

Bianca finì il 20.

Spirando, affidò al suo Confessore frà Maranta le ultime parole per il marito: … Dite per me addio al mio signore Francesco de’ Medici, e ditegli che gli sono sempre stata fedele e amorosa […] ditegli che lo prego di perdonarmi, se in qualche modo lo avessi offeso..., dopo aver redatto un testamento con il quale assegnava lasciti per le Istituzioni religiose e per la Servitù; cedeva al figlio tutti i beni ricevuti nel corso degli anni dal Marito e donava alla figlia trecentomila scudi che Ferdinando le sottrasse dopo aver corrotto i Testimoni delle disposizioni.

Egli, poi, fece scortare le spoglie del fratello fino alla chiesa fiorentina di San Lorenzo ove gli furono tributate solenni esequie e consegnò alla damnatio memoriae, facendola seppellire in sito anonimo e sconosciuto, la pessima Bianca nel tentativo di cancellarne ogni traccia; dette ordine di sostituirne le insegne con quelle della casa d’Austria negli stemmi in cui risultavano assieme al simbolo mediceo; impose la distruzione dei suoi ritratti; ritirò le monete coniate in suo onore; trasferì tutto il suo irriducibile odio sul nipote Antonio, sostenendo che quanto Francesco gli aveva lasciato fosse esito di un privilegio generosamente accordato quale bastardo e riservandosi il diritto di revocarne le rendite e le proprietà; infine lo costrinse ad entrare nell’ordine dei Cavalieri di Malta così da imporgli i celibato e interdirgli ogni ipotesi successoria.

Le insinuazioni accompagnarono Bianca anche da morta come denunciano i versi apposti sul sito della presunta sepoltura: …Qui giace un Cavatel pien di malie / e pien di vizi. La Bianca Cappella / puttana, strega, maliarda e fella, che sempre favorì furfanti e spie….

Bibliografia

M. L. Mariotti Masi: Bianca Cappello e Francesco de’ Medici

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