Giugno 20, 2023

Cristina Alessandra Maria di Svezia

Se ne parla ancora a distanza di secoli e il giudizio resta controverso.

Chi fu davvero questa donna coltissima, spregiudicata, trasgressiva, anticonformista e capace di suscitare roventi passioni?

Ammirata, criticata, derisa per l’abbigliamento sommario; per i modi rudi e decisi; per il linguaggio disinvolto, suscitò attrazioni morbose e curiosità pur essendo decisamente brutta, bassa, sgraziata, gibbosa, con un naso prominente, un enorme sedere, gambe corte e pur ostentando una spiccata ambiguità sessuale variamente testimoniata: … cammina come un uomo, siede e corre come un uomo, può mangiare e bere come il più rozzo dei soldati ….

Quando si recò a Roma nel 1655 aveva il capo rasato ed indossava un abito di foggia maschile, una cravatta ed una parrucca.

La descrisse mascolina anche Enrico II di Guisa: … indossa scarpe da uomo e la sua voce così come le sue azioni sono simili a quelle di un uomo …

Fu solo quando conobbe il Cardinale Decio Azzolino che la sua … dormiente femminilità… si risvegliò con l’esibizione di generosi décolleté.

François Maximilian Misso nell’aprile del 1688 la raccontò così: … più di sessant'anni, è di piccola statura, troppo grassa e corpulenta. Il suo complesso, la voce ed il volto sono quelli di un uomo. Ha un naso grande, grandi occhi blu, sopracciglia bionde ed un doppio mento con alcuni peli di barba. Il suo labbro superiore si sporge di poco. I suoi capelli sono color nocciola chiaro, e sono lunghi appena un palmo di mano; li porta dritti e non acconciati. Sorride spesso. Sarà difficile immaginarvi i suoi vestiti: una giacca da uomo, di satin nero,… scarpe da uomo, assieme ad una serie di nastri neri a mò di cravatta…

A parere di Veronica Bucale fu … dipinta come una lesbica, una prostituta, un ermafrodito ed un'atea … ma … in quegli anni tumultuosi appare difficile determinare quale sia l'etichetta più sincera da attribuire ad un personaggio così curioso e controverso…

I dubbi sulla sua reale identità motivarono indagini condotte sui suoi resti nel 1965 dall' Antropologo svedese Carl-Herman Hjortsjö, che non trovò tracce significative di una presunta intersessualità: l'analisi osteologica indusse alla conclusione di una struttura femminile del corpo.

Unica figlia legittima di Gustavo II Adolfo Vasa di Svezia e di Maria Eleonora Hohenzollern del Brandeburgo, Cristina nacque nel castello di Tre Kronor a Stoccolma il 18 dicembre del 1626 e si spense il 19 aprile del 1689 a Roma.

Presa per maschio fin dalla nascita, per via di un’accentuata ipertrofia clitoridea, successe al padre all’età di sei anni e, dopo aver regnato dal 1632 al 1654, scandalizzò l’intera Europa abdicando ed abiurando la tradizione protestantica nazionale per convertirsi al Cattolicesimo.

Fatta di Roma la terra di adozione; influenzata dalla Controriforma e sedotta dalla cultura mediterranea, coltivò iniziative benefiche nel ruolo di Mecenate interessandosi alla protezione della Musica e del Teatro; ad Artisti e Progettisti del Barocco; a testi e manoscritti antichi di Religione, Alchimia, Arte e Filosofia.

Fu, in definitiva, un prodigio culturale.

Parlava sette lingue; era in grado di sostenere una conversazione in latino; si teneva in corrispondenza con Intellettuali di tutta Europa; studiava Matematica e Scienza senza, tuttavia, trascurare interessi politici e affari di Stato.

Sostanzialmente aveva lasciato il trono per amore di libertà e l’adesione al Cattolicesimo romano le era valso un ruolo di spicco nella Roma seicentesca ove, caso unico nella storia, conduceva l’esistenza di una Regina senza tiara mai rinunciando ad inseguire potere e solidità economica; a fornire sostegno alle grandi cause del secolo, a partire dalla tolleranza confessionile; ad opporsi all’assolutismo monarchico, soprattutto francese.

Di fatto, dopo aver invano tentato di cingere la corona partenopea e polacca, si limitò a rendere la propria dimora un autentico cenacolo nel quale Pietro Bollori curò una straordinaria pinacoteca, con opere anche di Raffaello, Tiziano e Rubens e nel quale ogni settimana riuniva il Gotha della Cultura e della Politica capitolina, a partire dai Cardinali Benedetto Pamphili e Pietro Ottoboni.

Donna/scandalo: libertina, religiosissima, progressista e stravagante, benché di statura minuta, calzò solo scarpe basse maschili di marocchino nero; si negò al matrimonio e alla maternità; coltivò la passione per la caccia; inseguì il Regno partenopeo come improbabile ricompensa dell’Europa cattolica alla sua conversione; non disdegnò relazioni eterosessuali ma conservò per tutta la vita l’amore per la bellissima e malinconica Ebba Sparre.

Alla sua nascita, gli Astrologi avevano previsto un destino di successi e sconfitte che l’avrebbero resa comunque Personaggio fra i più influenti e discussi d'Europa.

Col padre che, dopo il decesso delle due prime figlie femmine, sperava in un maschio ebbe un rapporto di reciproca e profonda ammirazione mentre mantenne una costante ed infelice relazione con la madre.

Prima di lasciare la Svezia per difendere in Germania il Protestantesimo nella Guerra dei Trent’Anni, il Sovrano regolò i diritti successori; pretese che alla figlia fosse impartita l’educazione concessa ai Principi ereditari; la affidò alla tutela della cognata Caterina e si spense in battaglia il 6 novembre del 1632.

Cristina fu insediata al trono il 15 marzo successivo.

Contando soli sei anni, fu affidata ad un Consiglio di Reggenza capeggiato dal Cancelliere Axel Oxenstierna che esiliò la Hohenzollern nel castello di Gripsholm e avviò la piccola Sovrana alla comprensione delle strategie politiche, mentre il Teologo Johannes Matthiae Gothus le dava lezioni di Religione; Filosofia; Greco; Latino; olandese; tedesco; italiano e francese.

Al compimento del suo quattordicesimo anno, l’Oxenstierna avrebbe scritto: … Non è come tutte le altre donne … e, per esaltarne l’intelligente sensibilità anche artistica, dal 1638 impiegò la compagnia di balletto di Antoine de Beaulieu perché ella fosse educata anche nella danza.

Nel dicembre del 1643 la Svezia spiegò le proprie truppe nell'Holstein e nello Jutland, nell’ambito della Guerra di Torstenson.

Il Consiglio suggerì alla ormai sedicenne Sovrana di assumere le dirette redini del governo, ma ella cinse la tiara solo nel 1644.

La consacrazione fu rinviata per il conflitto con la Danimarca quando il primo dei suoi atti fu proprio la pace, con l’acquisizione delle isole di Gotland e Ösel e le Province di Jämtlannd e Häjedalen.

La politica pacifista, però, la oppose all’Oxenstierna che nel 1645 inviò il figlio Johan ai Congressi di Osnabrück e Münster con richieste di prosecuzione della Guerra dei Trent'anni contro le proposte del Legato reale Johan Adler Salvius il quale, a conflitto archiviato, fu chiamato nel Consiglio di Corte come atto di sfida alla ostilità del Cancelliere e reso Esponente di una nuova classe dirigente, del tutto estranea all’Aristocrazia.

Nel 1648 Cristina ottenne un seggio al Reichstag del Sacro Romano Impero, quando il principato di Brema/Verden e la Pomerania svedese furono cedute definitivamente alla Svezia per effetto del Trattato di Osnabrück.

L’anno successivo settecentosessanta dipinti, centosettanta sculture di marmo e cento di bronzo, trentatremila monete, seicento pezzi di cristalleria, trecento strumenti scientifici, manoscritti e libri tra i quali il Sanctae Crucis laudibus di Rabano Mauro, il Codex Argenteus ed il Codex Gigas furono trasferiti a Stoccolma.

La collezione era appartenuta a Rodolfo II ed era stata requisita da Hans Christoff von Königsmarck, a margine della Battaglia di Praga e nel perdurare dei successivi negoziati della Pace di Westfalia.

Nel 1649, appoggiata dallo zio Giovanni Casimiro, Cristina ridimensionò il potere dell’Oxenstierna che, per assicurare un Re alla Svezia, ne pretendeva le nozze con qualche Cugino e l’anno successivo contrastò le richieste degli Stati Generali per ridurre l'esenzione delle tasse dei Nobili Terrieri, rendendo la Svezia uno dei Regni più raffinati d'Europa.

Non a caso, Stoccolma fu definita Atene del Nord: già nel 1645, la Corte aveva reclutato Intellettuali di consolidato prestigio: il Fisico Benedict Nehamias de Castro; il Classicista Johann Freinsheim; il Filologo Nikolaes Heinsius; il Bibliotecario Isaac Vossius; l’Umanista Claude Saumaise; Pierre Daniel Huet, animatore di una dura controversia sulla Transustanziazione; gli Scrittori Gabriel Naudé e Christian Ravis; il Teologo Samuel Bochart; il Matematico Pierre Gassendi; l’Architetto Antonio Brunati; la Cantante Anna Chabanceau de la Barre.

A Cristina venne conferito il soprannome di Semiramide del Nord e il Poeta Georg Stiernhielm le dedicò l’opera Den fångne Cupido eller Laviancu de Diane nella quale ella stessa rappresentava la parte della dea Diana.

All’attività di governo ella saldò l’interesse per il Teatro e ammirò entusiasticamente le opere di Pierre Corneille, intrattenendo legami epistolari con Blaise Pascal e cimentandosi in studi sul Neostoicismo; su scritti dei Padri della chiesa e su trattati sull’Islam fino ad entrare in contatto con René Descartes cui chiese una copia delle sue Meditazioni metafisiche.

Il Filosofo si recò a Stoccolma il 4 ottobre del 1649 e il 18 dicembre successivo prese a darle lezioni; ma il rigore di quell’inverno gli fu fatale e nel febbraio del 1650 fu stroncato dalla polmonite.

Nel 1652 s’insediarono nella capitale nordica la Compagnia teatrale italiana di Vincenzo Albrigi e quella olandese di Ariana Nozeman e Susanna van Lee.

In quella fase, Cristina maturò l’ossessivo amore per Ebba Sparre e, al Senato che la esortava a sposarsi, oppose una gelida dichiarazione: ... il matrimonio implica delle soggezioni alle quali io non mi sento in grado di sottostare, e non posso prevedere quando sarò in grado di vincere questa ripugnanza

La storia con la bellissima Dama di Corte segnò la sua esistenza: le scrisse moltissime e intense lettere, a partire da quella inviata da Pesaro il 27 marzo del 1657: …se voi non avete dimenticato la facoltà che avete su di me, vi ricorderete che sono già dodici anni che sono posseduta dall'essere amata da voi. Infine, io sono vostra in una maniera per cui è impossibile che voi mi possiate perdere, e non sarà altro che con la fine della vita che io cesserò di amarvi

Forse proprio per sottrarsi all’imposizione di un legame canonico che il 10 marzo del 1649 elesse Principe Ereditario, contro il parere della Nobiltà di Corte e con l’appoggio del Clero e della Borghesia, il Cugino Gustavo Adolfo col quale da adolescente aveva avuto una segreta relazione sentimentale.

Ella fu comunque intronizzata con grande solennità il 20 ottobre del 1650 e le feste durarono fino al 9 gennaio successivo quando, preceduta da nutrito corteo, mosse dal castello di Jacobsdal a bordo di una carrozza rivestita di velluto nero ricamato in oro, trainata da sei cavalli bianchi e diretta alla Storkyrkan per riceversi l’unzione.

A cena furono ospitati i Membri dei quattro stati sociali, ma la sua reputazione era già considerata ambigua soprattutto da un punto di vista religioso: tra le sue prime riforme, aveva proposto quel nuovo ordinamento per la Chiesa di cui il Cancelliere aveva preteso la revoca: nel 1647, estraendo il Luteranesimo dal territorio dell’eresia, il Clero locale aveva pubblicato il Konkordieboken cui ella si era fermamente opposta.

La Curia romana, che considerò sempre il luterano Gustavo Adolfo II un pericoloso Avversario, sollecitò allora l’atto di abiura della giovane Regina inviandole in quel cruciale 1650 il Gesuita portoghese Antònio Macedo.

Fortemente influenzata dal confronto, nella primavera del 1652 Cristina invitò due Confratelli di Costui: ino dei due, Paolo Casati, confermò al Papato la sua reale possibilità di conversione traendone convinzione dalla comune visione del peccato, dell'immortalità dell'anima e del libero arbitrio.

Nel maggio di quell’anno, pertanto, l’indomita e giovane Regina manifestò l’intenzione di abbracciare la fede cattolica e della decisione informò il Cardinale Fabio Chigi ed il Re Filippo V di Spagna attraverso il Diplomatico Antonio Pimentel de Prado.

Fu in quell’anno che la sua salute prese a vacillare.

L’ipertensione le provocò problemi di vista e, nel febbraio del 1652 il Medico francese Pierre Bourdelot fu chiamato a curarla in una Svezia stremata dalle guerre che avevano rafforzato il potere dell’Aristocrazia.

L’aumento smisurato delle spese di Corte, anche per l’investitura di nuovi Nobili; la conseguente riduzione delle rendite, a causa delle cessioni di terre ai nuovi Nobili; un oneroso sistema fiscale in danno dei Ceti rurali l’avevano resa assai impopolare imputandole il disinteresse per gli Affari di Governo, la passione per la più sfrenata mondanità e, soprattutto, la spietata esecuzione di Arnold Johan Messenius colpevole di averla pubblicamente definita novella Gezabele.

Di fatto, ella aveva condotto una politica davvero sconsiderata creando centinaia di Conti e Baroni cui assicurò adeguati compensi vendendo le proprietà della Corona per un ammontare annuo di ben oltre un milione di talleri.

Incapace di arginare il montante malessere, nel febbraio del 1654 Cristina si risolse ad annunciare al Consiglio regio l’intenzione di abdicare.

Oxenstierna fu incaricato di valutare la questione.

Il nodo risiedeva nella sua pretesa di azzeramento dei suoi debiti personali da parte del Tesoro di Stato; di un appannaggio annuo di duecentomila talleri e delle rendite feudali del villaggio di Nörrkoping, delle isole di Gotland, Öland e Ösel e delle terre del Meclemburgo e della Pomerania.

Avuta garanzia del mantenimento del proprio status, in sprezzo del diverso parere del Senato, il 23 di quello stesso mese ella chiamò al trono al cugino Carlo Gustavo che assunse il nome di Carlo X.

La cerimonia di consegna dei ruoli si tenne al castello di Uppsala.

Peer Brahe si rifiutò di rimuoverle la tiara dal capo ed ella compì il gesto autonomamente: restata con indosso un semplice abito di taffeta bianco, salutò il Consiglio di Corona e il nuovo Re che fu incoronato nello stesso giorno e che le chiese ancora di sposarlo, incassando un definitivo rifiuto e l’annuncio di abbandono della Svezia.

Cristina attraversò il Paese vestita da uomo, col falso nome di Conte di Dohna; con una modesta scorta e con l'amico Bernardino de Rebolledo dicendosi diretta in Danimarca; tuttavia, una volta al confine, congedò anche il suo Cappellano protestante e si trasferì nei Paesi Bassi ove visitò Anna Maria van Schurman e Johann Friedrich Gronovius.

Si trattenne ad Anversa per quattro mesi nella ricca residenza di un Mercante ebreo ove ricevette gli omaggi di Leopoldo Guglielmo d’Austria, del Principe di Condè, dell’Ambasciatore francese Chanut e del Governatore della Norvegia Hannibal Sehested.

Nel frattempo visse un’intensa stagione di mondanità spendendo oltre le proprie possibilità e riducendosi a vendere argenteria, gioielleria, tappeti, mobili e la prestigiosa collezione di libri per far fronte alle spese.

Quando la sua situazione finanziaria divenne apertamente critica, l’Arciduca austriaco la invitò a Bruxelles ove il 24 dicembre del 1654 ella fece la prima pubblica professione di fede, alla presenza dell’amico Pimentel e di Raimondo Montecuccoli.

Nel settembre dell’anno successivo partì alla volta dell’Italia accompagnata da un Seguito di circa trecento persone.

Il Legato pontificio Lucas Holstenius la attese ad Innsbruck per scortarla a Roma e il 3 novembre del 1655 assistette alla conferma di fede nella Hofkirche, notiziandone Alessandro VII.

Per solennizzare l’evento, fu rappresentata la Prima de L’Argia di Antonio Cesti.

Fatta sosta a Ferrara, Bologna, Faenza, Forlì, Rimini e Pesaro, il 20 dicembre Cristina entrò in una Roma libera dall’arrogante strapotere di Olimpia Maidalchini e fu festeggiata dal Papa e dall’ Aristocrazia locale.

Il Primate la ospitò nella magnifica Sala della Meridiana, nella torre ove erano raffigurati tutti i Venti: sotto quello di tramontana v’era inciso omne malum ab aquilone. (n.d.a.: tutto il male dal vento di settentrione) ed ordinò di coprire la scritta perché la Regina proveniente dal Nord non se ne adontasse.

Il 23 successivo fu scortata a Ponte Milvio, ove fu ricevuta dal Governatore cittadino e dal Magistrato del Campidoglio dai quali fu accompagnata a Villa Giulia dopo che il Maggiordomo pontificio le ebbe donato una Chinea: una carrozza a sei cavalli, con lettiga e sedia coperte di preziosi ornamenti e disegnata da Gian Lorenzo Bernini, che restaurò anche la celebre Porta del Popolo sulla quale ancora campeggia la scritta Felici faustoque ingressui posta sotto il simbolo araldico dei Chigi.

La ex Sovrana proseguì per Porta Flaminia, ove era attesa dal Collegio cardinalizio ed ove le dette il benvenuto il Cardinale Barberini.

Infine, in San Pietro, prese i Sacramenti dallo stesso Papa; assunse i nomi di Alessandra Maria e poi s’insediò in Palazzo Farnese sotto il quale l’accolsero migliaia di persone e una folkloristica processione di cammelli ed elefanti con in groppa torri di legno.

Il 24 gennaio del 1656 aprì nella sua residenza l’Accademia dell’Arcadia nella quale, ogni venerdì, ricevette appassionati di Musica, Teatro, Letteratura.

Fra gli Ospiti abituali annoverò il francescano ravennate Francesco Negri, che per lei condusse una spedizione a Capo Nord, e il Monaco svedese Lars Skytte eletto a suo Padre Spirituale.

A fronte dell’ufficiale abiura, intanto, la Corona svedese le ridusse l’appannaggio obbligandola al ricorso a prestiti continui, mentre già circolavano imbarazzanti insinuazioni sulla sua vita privata ed in particolare su una probabile relazione con il Cardinale Decio Azzolino, già Segretario dell’ Ambasciatore in Spagna e responsabile per la corrispondenza della Curia Romana presso le Corti europee.

La intensa assiduità della loro frequentazione indusse il Papa ad intervenire a tutela della rispettabilità di entrambi.

In quella fase, il Re di Spagna regnava anche sul Ducato di Milano e sul Regno di Napoli e Sicilia e il Cardinale Mazarino aveva tentato di affrancare proprio Napoli dal giogo spagnolo, aizzando la Popolazione: l’iniziativa avviata nel 1654 era fallita.

Considerando ora Cristina una valida alternativa, la invitò nell'estate del 1656 a Parigi mascherando la visita con un intervento sul Re di Svezia per aumentarle le rendite.

Il 22 settembre il piano era pronto: ella sarebbe stata proposta Regina del Regno italiano del Sud ed avrebbe dovuto, per contro, impegnarsi contro eventuali ulteriori aggressioni della Spagna.

La sua ostentata mascolinità, intanto, sconcertò l’intera Corte: non a caso, la Duchessa di Montpénsier Anna Maria Luisa d’Orléans scrisse … si getta sulla sua sedia, accavalla le gambe e poggia le braccia sui braccioli in maniera poco elegante, assumendo posture che ho visto assumere solo da Travelin e Jodelet, due famosi buffoni di corte

Il 23 successivo Cristina lasciò la città e si trasferì per qualche tempo a Pesaro, in attesa dell'arrivo dei Francesi: sapeva che la titolarità del Regno partenopeo l’avrebbe resa finanziariamente indipendente ed in grado di negoziare la pace tra Francia e Spagna.

Il Cardinale, però, coltivava una seconda soluzione per cessare la belligeranza fra i due Stati: le nozze fra Luigi XIV e la sua prima cugina spagnola Maria Teresa.

Di fatto, l’unione avvenne nel 1660 vanificando le ambizioni di Cristina rientrata in Francia nell'estate del 1657 per preservarsi dall’epidemia di peste che affliggeva Roma.

Nell'ottobre successivo, le furono assegnati degli appartamenti al castello di Fontainebleau e fu durante quel soggiorno che ella si macchiò dell’onta della torbida esecuzione del Marchese Gian Rinaldo Monaldeschi, suo Capo Stalliere e forse anche suo Amante.

Per due mesi, sospettandolo di tradimento, ella aveva fatto controllare la sua corrispondenza prima di contestargli le prove dell’infedeltà.

Il Sacerdote Le Bel ascoltò l’ammissione di colpevolezza nella Galerie des Cerfs e irruppe nella camera per dissuaderla dalla decisione di farlo giustiziare; ma ella fu inflessibile e lo fece spietatamente trafiggere da due Camerieri.

La Vittima morì per dissanguamento e lo scandalo fu enorme.

L’assassinio, dettato da motivi strettamente personali, era stato commesso nella dimora di un Re!

Il Prelato testimoniò che l’ex Sovrana … era dispiaciuta di essere stata costretta a questa esecuzione, ma era convinta che la giustizia venisse prima di ogni cosa nel crimine del tradimento….

Informato degli eventi, Mazarino le consigliò di incolpare dell’omicidio Francesco Santinelli ma ella assunse su di sé la responsabilità del fatto di sangue e Luigi XIV, rispettoso delle leggi vigenti, riconobbe al crimine carattere di legalità poiché ella aveva diritto di giudizio sui Membri della sua Corte; tuttavia, le fece capire di non gradirne più la presenza in territorio francese.

Più avanti, ella travalicò ancora dai limiti: quando stanca delle vessazioni del Priore la sua amica Angela Maddalena Voglia fuggì dal convento ove era rinchiusa per ordine del Papa, che intendeva sciogliere un suo legame con un Cardinale del Sacro Collegio, Cristina si arrogò il diritto di emettere una sentenza di condanna a morte nei confronti dell’uomo.

Dopo la sgradevole permanenza in Francia, intanto, fece una puntata in Inghilterra ma la freddezza ed il fastidio malcelato di Oliver Cromwell le impose il ritorno a Roma.

Era il 15 maggio del 1658.

Questa volta non ci furono festeggiamenti.

Il caso Monaldeschi aveva appannato la sua popolarità e nel luglio del 1659 Alessandro VII negandole udienza, le chiese di allontanarsi dalla Corte papale.

Dopo una stagione trascorsa nella Villa Farnesina, Cristina si trasferì nel prospiciente Palazzo Triario.

Il contratto di affitto fu sottoscritto dal Cardinale Azzolino.

All’interno della residenza trovarono ospitalità ritratti dello stesso Prelato, del Bernini, di Ebba Sparre, di Cartesio, dell'Ambasciatore Chanut e del dottor Bourdelot: personaggi cari alla inquieta ex Regina, la cui causa fu perorata proprio dall’Azzolino presso il Pontefice.

Nel febbraio di quell’anno si era spento, intanto, il Cugino Carlo X lasciando erede il figlio di cinque anni: informata solo nell’aprile, Cristina si recò in Svezia per precisare che la sua abdicazione era subordinata alla indicazione del Re deceduto e del suo erede ma che, se anche Costui fosse mancato, avrebbe riassunto la corona; tuttavia l’abiura del Luteranesimo costituì un pregiudizio tale che, durante la permanenza a Stoccolma, le fu negata anche la celebrazione di Messe cattoliche non restandole, nell’isolamento assegnatole, che rifugiarsi nel suo feudo di Norrköping e sottoscrivervi un'ulteriore rinuncia al trono.

Trascorso un anno ad Amburgo, s’indebitò col Banchiere ebreo Diego Texeira e nell’estate del 1662 fu di nuovo a Roma risolvendovi i contrasti col Papa che si spense nel 1667, mentre ella tornava ancora in Svezia.

Festeggiò in Amburgo la successione di Clemente IX prima di ritornare in Italia: era il 22 novembre del 1668 e il nuovo Primate, che ella assistette sul letto di morte, morì dopo un solo biennio.

Nel 1669 Cristina scelse come Confessore lo spagnolo Antònio Vieira e fece aprire un teatro personale nel piano superiore della residenza per poi, nel 1671, avviare l’attività del primo teatro pubblico di Roma nell'ex prigione di Tor di Nona.

L’anno successivo, in occasione della morte di Giovanni Casimiro Vasa, fu indicata come possibile candidata al trono di Polonia, ma gli scontri durissimi con Sigismondo III di Svezia archiviarono la questione.

A questa sconfitta si aggiunse il voltafaccia papale a causa del patrocinio fornito ai teatri: Clemente X vietò l’apertura di nuovi siti di recitazione e le circostanze peggiorarono sotto Innocenzo XI che relegò a granaio la sede di Tor di Nona e proibì alle donne di recitare, di cantare e di vestire abiti scollati.

Cristina proseguì imperturbata le proprie attività.

Protesse Lorenzo Bernini; nominò Maestri di Cappella Carlo Ambrogio Lonati e Giacomo Carissimi; ingaggiò come Liutaio Lelio Colista; volle come Cantanti Loreto Vittori e Marco Marazzoli; assunse come Librettista Sebastiano Baldini e come Compositori Arcangelo Corelli, Bernardo Pasquini e Alessandro Stradella; omaggiò, infine, Alessandro Scarlatti che nel 1685 per lei diresse l'orchestra nei tre giorni di festa per l’incoronazione di Giacomo d’Inghilterra.

Nel perdurare del suo impegno intellettuale, non trascurò di occuparsi ancora di questioni politiche e quando Luigi XIV revocò l'Editto di Nantes abolendo i diritti degli Ugonotti, ella espresse la propria indignazione con una durissima lettera del 2 febbraio del 1686 attraverso l’Ambasciatore francese Cesar d’Estrées.

Il 15 agosto successivo, poi, in replica all’iniziativa di Clemente X, che precluse agli Ebrei l’uscita durante il carnevale, pubblicò una provocatoria comunicazione nella quale prendeva sotto la propria protezione tutti i Membri di quella Comunità ed assumeva la difesa del Sacerdote spagnolo Miguel de Molinos, perseguitato dall’Inquisizione e detenuto in Castel sant’ Angelo.

In febbraio del 1689, dopo una visita ai templi della Campania, Cristina si ammalò e, ai primi di aprile, peggiorò per un’infezione batterica degenerata in polmonite.

Sul letto di morte chiese il perdono del Papa e si spense il 19 di quel mese, confortata dal Cugino Marchese Michele Garagnani e dal fedelissimo Azzolino che le fu erede universale ma che morì già l’8 giugno successivo.

Aveva chiesto di essere sepolta in una tomba semplice, ma il Pontefice pretese di esporre la salma per quattro giorni alla pubblica venerazione su un lit de parade a Palazzo Triario.

Imbalsamato, vestito di broccato bianco, coperto da una maschera d'argento e da un mantello ornato da centinaia di corone e bordato di ermellino, il suo corpo venne alloggiato in tre bare, una di cipresso, una di piombo e l'ultima di quercia.

Il corteo funebre sfilò dalla chiesa di santa Maria di Vallicella alla Basilica di San Pietro, ove le spoglie furono accolte nelle Grotte Vaticane.

Nel 1702 Clemente XI, sotto la supervisione di Carlo Fontana, volle un monumento a memoria della sua conversione e lo fece sistemare nella basilica vaticana.

Cristina fu ritratta in un medaglione di bronzo dorato, supportato da uno scheletro coronato.

Tre rilievi sottostanti raccontano la rinuncia al trono svedese, l'abiura al Protestantesimo e l'allegoria della fede trionfante sull'eresia.

Bibliografia

D. Pizzagalli: La regina di Roma

A. M. Trivellini: Cristina di Svezia

V. Bucale: Cristina regina di Svezia. La vita tempestosa di un'europea eccentrica

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Hai delle domande? Contattami.

    Nome

    eMail

    Messaggio

    Copyright © Ornella Mariani Forni
    Sito realizzato e gestito da M&M Solutions Srl
    envelope linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram