Or di' a fra Dolcin dunque che s'armi, tu che forse vedrai lo sole in breve, s'egli non vuol qui tosto seguitarmi, sì di vivanda, che stretta di neve non rechi la vittoria al Noarese, ch'altrimenti acquistar non sarìa lieve... (Dante: Divina Commedia, Inferno: XXVIII, 55-60)
Collocato nella Bolgia infernale degli Scismatici, fu un Eretico o un Precursore dei principi socialisti adottati dal Laicismo rivoluzionario francese?
Nel 1291 aderì al movimento degli Apostolici fondato dal Predicatore Gerardo Segarelli che, donati i propri beni agli Indigenti, aveva fondato un suo gruppo di ispirazione francescano-spirituale con l’intento di rilanciare i valori della prima Comunità cristiana e soprattutto la regola della povertà.
Quando Davide Tornielli impegnò la ribalta confessionile italiana, parallelo alla nascita dei Comuni si era già sviluppato quell’ampio movimento che, teso a restaurare i valori pauperistici del Cristianesimo originale fino a del tutto negare la necessità della Istituzione ecclesiale, mirava a contrastare il compromesso fra Politica, Economia e Potere ecclesiastico.
Ancora una volta, la Chiesa non analizzò le ragioni sostanziali della propria incapacità a conciliare la portata teologica, filosofica e storica del Cristianesimo con i grandi temi terreni;
ancora una volta si limitò a stroncare il dissenso destabilizzante il sistema;
ancora una volta risolse la contrapposizione già espressa dai Catari con un bagno di sangue.
Era detto frà Dolcino da Novara.
Era nato a Prato Sesia, nel novarese, nel 1250 ed era figlio di un Prete: si oppose ad ogni sorta di gerarchia; predicò l’uguaglianza tra Uomini e Donne; la comunione dei beni ed entrò in competizione con i Domenicani e con gli stessi Francescani.
Inizialmente gli Apostolici erano rimasti nel territorio dell’ortodossia ma il Concilio del 1276 delegittimò tutti i movimenti non autorizzati, costringendoli ad allontanarsi sempre più dalla Chiesa istituzionale.
Segarelli sollecitava ad una vita di digiuno e preghiera, lavorando o elemosinando ma non praticò il celibato: la cerimonia di ammissione dei nuovi Adepti prescriveva che essi si mostrassero pubblicamente nudi, come già San Francesco.
Se però il Santo di Assisi aveva sostenuto la incondizionata obbedienza al Papa e al Clero, gli Apostolici affermarono il diritto alla ribellione ove Essi avessero tradito i precetti evangelici; rivendicarono il diritto dei Laici a predicare e ad annunciare l’imminenza del castigo celeste contro la corruttela ecclesiale; praticarono ogni sorta di sessualità promiscua.
Espulsi anche dalle Diocesi dove erano stati inizialmente accolti, furono censurati dalla Curia romana; bollati e processati come eretici; condannati nel 1290 da Niccolò IV.
Segarelli arse sul rogo a Parma nel 1300.
Dolcino, apostolico nel 1291, non pronunciò mai i voti di castità, povertà e obbedienza e la sua definizione di Frate non è riferita all’appartenenza a un Ordine ma all’uso di chiamarsi fratello all’interno della fascia del dissenso.
Svolse la propria attività sostanzialmente nell’area gardesana, ove conobbe nel 1303 la bellissima Margherita Boninsegna che condivise la sua vita pubblica e privata contribuendo a portare a mille i Seguaci del Compagno, la cui ostilità verso il Clero capitolino si intensificò sotto Bonifacio VIII, responsabile di conflitti e tensioni degenerati in autentiche persecuzioni.
Emulo di Gioacchino da Fiore, Dolcino elaborò una dottrina teologica che divideva la Storia in diverse età: la prima era quella dell’Antico Testamento, dei Patriarchi e dei Profeti; la seconda quella di Cristo e degli Apostoli; la terza quella del potere, della mondanità e della ricchezza della Chiesa.
Alla fine di questa, si ci doveva convertire all’esempio dei Discepoli di Gesù previa morte cruelissima di tutti i Chierici, i Monaci e Frati poiché la Chiesa corrotta era alla fine ed era imminente l’arrivo della nuova e santa, da costruirsi sulla distruzione di quella in carica.
Ovviamente, in una fase di enormi sperequazioni sociali, egli riscosse molto successo soprattutto in Valsesia dove, forte di oltre quattromila Seguaci, scatenò una vera e propria insurrezione armata tesa a riscattare gli Abitanti di quelle zone dalla miseria estrema in cui versavano.
Nel 1304 occupò la regione col sostegno di Matteo Visconti.
Abbandonati poi dal Duca, il 10 marzo del 1306 i Dolciniani si arroccarono sul Monte Rubello per resistere all’assedio del Vescovo di Vercelli Raniero degli Avogadro, che aveva dato avvio ad una sostanziale crociata.
Gli Abitanti del posto dapprincipio fornirono viveri e assistenza agli Insorti ma l’intensificazione della repressione finì con l’isolarli inducendo Dolcino e i Suoi a saccheggi e violenze che, dopo brutali contrapposizioni, ne determinarono la resa.
Il 23 marzo del 1307, le truppe vescovili irruppero nell’edificio che accoglieva i Resistenti e con orrore constatò che, per sopravvivere, Essi si erano ridotti a cibarsi dei resti dei Sodali morti.
Vennero tutti passati per le armi, tranne Dolcino, Margherita e il luogotenente Longino da Bergamo. L’irriducibile Tornielli fu processato e condannato a morte a Vercelli dopo essersi rifiutato di pentirsi.
Annunciò, anzi, che darebbe risorto il terzo giorno.
Margherita e Longino furono arsi vivi lungo il torrente Cervo contiguo a Biella, alla presenza di Dolcino la cui esecuzione fu pubblica.
Fu condotto su un carro attraverso la città e torturato a più riprese con tenaglie arroventate.
Poi gli vennero strappati il naso e il pene.
Egli subì ogni strazio senza lamenti, finché fu issato sul rogo.
Prima di morire, confermò le sue teorie in una lettera annunciando l’imminenza del tempo finale.
Dante, che ne scrisse quando egli era ancora vivo, lo collocò fra i Seminatori di discordie e nella sua visita all’Inferno fu Maometto, ospite dello stesso girone, a preannunciargli il suo arrivo.
Bibliografia
A. Bossi, Fra Dolcino, Gli Apostolici e la Valsesia