Giugno 21, 2023

La Guerra di San Saba: 1255 – 1270

Teatro degli Eventi: San Giovanni d’Acri

Ragioni del conflitto: Possesso del Monastero locale di San Saba

Belligeranti: Repubblica di Venezia, Repubblica di Genova, Impero di Nicea e ricostituito Impero Bizantino.

Per effetto della Quarta Crociata e della caduta di Costantinopoli del 1304, Venezia aveva il controllo di tutto il Mediterraneo orientale attraverso una fitta rete di colonie dette Stato da Mar.

La circostanza aveva sollevato tensioni con Genova, già esclusa dalle spartizioni territoriali in seno al nuovo Impero Latino ma comunque titolare di basi commerciali lungo la costa siriana e in Palestina ove, per l’appoggio fornito agli Stati d’Outremer, aveva insediato numerosi quartieri.

Il possesso, da parte delle due Repubbliche, di due grandi aree a San Giovanni d’Acri capitale del Regno gerosolimitano aveva acceso forti contrasti nel 1255 sulla comune pretesa di occupazione del Monastero di San Saba.

Se il Console genovese Simone Vento esibiva al Patriarca una lettera del Priore degli Ospitalieri, che riconosceva a Genova la titolarità della chiesa e del convento, il Baiulo veneziano Marco Giustinian vantava un atto col quale Alessandro IV accordava a Venezia lo stesso diritto.

Dalla contrapposizione scaturirono scontri continui, finché l'approdo di una nave ligure accusata di pirateria dai Veneti innescò la scintilla della guerra.

I Genovesi attaccarono le imbarcazioni veneziane ormeggiate nel porto e, devastato il quartiere nemico, lo incendiarono e fecero strage dei Residenti.

La Repubblica pretese immediata riparazione ma, in mancanza di soddisfazione, sodalizzò con Pisa, Marsiglia e le città costiere della Provenza affidando a Lorenzo Tiepolo il comando della Flotta.

Per contro, i Genovesi incontrarono il sostegno dei Re di Gerusalemme e Armenia e del Signore di Tiro Filippo di Montfort.

Nel 1256, la Marina della Serenissima piombò su Acri; ne forzò le difese portuali; spezzò le catene di accesso; distrusse tutte i natanti nemici attraccati; dette fuoco al quartiere genovese e prese il castello del Mongioia.

Dopo due mesi di tregua rivelatasi, in realtà, solo una riorganizzazione delle strategie militari, a supporto dei Liguri attraccarono dieci galee cipriote al comando di Pasquale Malono.

Parallelamente, i Veneziani ricevevano rincalzi da Candia.

Lo scontro fu durissimo: Genova perse quattro navi, compresa l’Ammiraglia; Venezia prese Mesembria e attaccò tutte le navi avversarie sulla rotta per Costantinopoli.

Nel 1257, a margine di brutali lotte interne, divenne Capitano del Popolo Guglielmo Boccanegra che inviò una nuova Flotta in Oriente affidandone la guida all’Ammiraglio Rosso dalla Turca.

La Repubblica veneta gli oppose trenta galee: venti comandate da Paolo Falier e dieci da Andrea Zeno.

Tutte avrebbero dovuto congiungersi al convoglio di Tiepolo.

La battaglia cruciale si combatté il 24 giugno del 1258 nelle acque di Acri e si risolse nella cattura di venticinque galee e nel saccheggio e distruzione dei magazzini e del quartiere di Genova.

Il Papa mediò la tregua: i Vinti accettarono di demolire le loro fortificazioni e di rinunciare ai privilegi detenuti in Acri ma, quando il Patriarca di Gerusalemme pretese da Veneziani e Pisani la restituzione delle fortezze locali, la tensione riesplose.

Ad incidere sul rinnovo delle ostilità nel 1259 fu il nuovo Reggente dell’Impero di Nicea Michele Paleologo, deciso a eliminare l'Impero Latino del debole Baldovino II.

Il 13 marzo del 1261 Genova stipulò con lui il Trattato di Ninfeo, per effetto del quale il 25 luglio appoggiò l’occupazione di Costantinopoli e maturò una posizione di rilevante contrattualità nei territori del nuovo Basileus fino ad ottenere il quartiere di Galata, al di là del Corno d’Oro.

Venezia potenziò la difesa dei possedimenti nell'Egeo; inviò nel mar Nero trenta galee al comando di Giacomo Dolfin che, indifferente ad ogni provocazione, si riunì agli altri convogli; giunse a Salonicco; vi sfidò l’Armata liguro/bizantina e, profittando dell’allontanamento dei Genovesi decisi a svernare in patria, aizzò i Duchi dell’Arcipelago ed arrembò le coste fino a Costantinopoli prima di essere intercettata dalla Flotta greca.

Fu un’ecatombe.

L'anno successivo, Gilberto Sondulo abbatté i Liguri nelle acque della Morea ove perse la vita l'Ammiraglio Pietro Grimaldi e, nel 1263, schierate cinquantaquattro galee, il veneziano Andrea Barozzi attaccò Tiro mentre il genovese Simone Grillo assaliva undici navi nemiche che avevano già scaricato le merci più preziose a Ragusa.

Lo scontro decisivo, però, avvenne verso Trapani nelle cui acque le ventotto imbarcazioni liguri di Lanfranco Barborino e la Flotta di Marco Gradenigo si contrastarono nella battaglia di Settepozzi.

La sconfitta genovese isolò il Basileus bizantino che il 18 giugno del 1265 accettò la pace perpetua ma l'accordo si risolse, poi, in una mera tregua quinquennale.

La guerra continuò, mentre Venezia consolidava il dominio dell’Adriatico vigilando su tutti i transiti; riscuotendo i dazi; inibendo la navigazione a navi armate e contrastando il contrabbando.

Solo nel 1270, allo scadere del quinquennio di sospensione bellica con Bisanzio, fu firmato il trattato di pace di Cremona che archiviò l’animosità tra Venezia, Genova e Costantinopoli. Tuttavia, malgrado le vittorie sul mare e la possibilità di ricostruire le proprie colonie a Tessalonica e a Costantinopoli, la Repubblica veneta non fu in grado di scardinare il potere genovese in Oriente: un potere che sarebbe stato rafforzato dal forte legame con Bisanzio e che avrebbe prodotto una nuova guerra, nel 1293!

Bibliografia

C. Diehl: La Repubblica di Venezia. La storia secolare di questa città straordinaria, le circostanze che la resero grande e le cause che ne provocarono la decadenza.

A. Musarra, La guerra di San Saba

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