Fu una sollevazione attuata dai Bassanesi nel 1229, quando la Pars liberorum insorse contro il dominio di Alberico da Romano e la sua pars masnate nel tentativo di ottenere l’autonomia comunale e di affrancarsi dal potere signorile.
Non si esclude che essa fosse stata fomentata da Potentati locali per l’egemonia sulla Marca veronese/trevigiana.
E’ certo che essa fu soffocata nel sangue dall'intervento armato di Ezzelino.
In quegli anni d’inizio del ‘200, per effetto della Pace di Costanza del 1183, la vita dell’area era caratterizzata dalla fragilità dell’autorità imperiale e dalla sempre più spiccata tensione all’ indipendenza dei Comuni, oberati da una profonda e duplice conflittualità: esterna, con le prevaricazioni delle Famiglie nobili; interna per la lotta delle due opposte fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini accentuata dagli Este e dai Da Romano.
I Da Romano, ovvero gli Ezzelini, erano verosimilmente giunti in Italia al seguito dell’Imperatore Corrado il Salico nella prima metà dell'XI secolo ed avevano portato il proprio dominio fra i due feudi originari di Onara e Romano, fino all'imboccatura del Canale di Brenta e dell’area bassanese.
Si erano poi rafforzati con Ezzelino I, che aveva operato come Capo della Lega lombarda contro Federico I di Hohenstaufen e con Ezzelino II che aveva posto le basi per una politica di più ampio respiro, prima di ritirarsi nel 1223 in monastero dopo aver ripartito i beni fra i due figli assegnando il blocco vicentino comprensivo anche della Valsugana e della destra Brenta fino a Fontaniva ad Alberico ed il blocco trevigiano ad Ezzelino III.
In quel contesto Bassano aveva assunto enorme importanza proponendosi come il centro urbano più vivace e facoltoso del territorio circoscritto tra Adige e Piave.
Era abitata da ricchi Terrieri liberi o Arimanni e da Uomini di Masnada, realtà sociale dipendente dall’Aristocrazia ed invisa alla Popolazione.
Nel biennio 1228/1229 la Cittadina fu sede di animati fermenti sollevati dai frati di San Donato che, fortemente incoraggiati da Gregorio IX, denunciavano i Da Romano come fiancheggiatori e complici di attività ereticali.
Alle vicende religiose si saldarono i danni prodotti dal conflitto che oppose gli stessi Ezzeliniani ad una coalizione composta dalla fazione avversa della città di Vicenza, dai Comuni di Padova e Treviso, da Venezia e dalle potenti famiglia dei Camposampiero, degli Este e dei Sambonifacio.
I Fatti
Nel 1228 con un colpo di mano, Ezzelino III occupò il castello di Fonte, feudo dei Camposampiero e nodo strategico dei Padovani che, appoggiati dagli Alleati trevigiani, irruppero su Bassano.
La Città si difese ma la sua periferia fu orrendamente devastata.
Il conflitto si concluse grazie all'autorevole intervento di Ezzelino II che impose ai figli di arrendersi alla potenza patavina.
Alberico fu allontanato da Vicenza di cui era Podestà e si ritirò a Bassano turbando gli equilibri raggiunti e riassunti dal Cronista coevo Gerardo Maurisio in due gruppi: la pars masnata e la pars liberorum.
Questa entrò in reazione accendendo una querelle sul diritto vantato dal Dominus di esercitare nel castello bassanese i diritti di governo: comitatus et iurisdictio che, a parere dell’altra, spettavano al Comune.
A questa ragione nodale si sommarono le pressioni esercitate dalle altre Famiglie antagoniste e la ritirata di Alberico, sintomatica di un indebolimento dei Da Romano.
Nel 1229 i Liberi si armarono ed insorsero assalendo le Masnade schierate con lui, costretto ad arroccarsi nel palazzo.
I Ribelli assunsero il controllo dell’area urbana e, ad aggravare la situazione, intervenne la rottura fra Alberico ed il fratello Ezzelino che si preoccupò di tutelare i beni familiari e che grazie a forze veronesi si mosse in armi sulla cittadina ribelle.
La rivolta fu soffocata ed i suoi annientati Agitatori ripararono presso i Nemici dei da Romano: gli Este, i Sambonifacio e i Camposampiero avallando il sospetto che essi stessi fossero gli Istigatori della rivolta.
Parte degli Sconfitti si presentò invece al Podestà di Vicenza Filippo Zuliani assumendo di essere Uomini liberi e di non voler riconoscere l’autorità né la giurisdizione di Alberico.
Il Giudice convocò Ezzelino che, pur sapendolo legato ai suoi Avvversari, si disse disponibile ad accettare il giudizio e la deliberazione.
Il Podestà sentenziò che la Signoria spettava ad Alberico e condannò Ezzelino al pagamento di seimila denari, contro i duemila alla cui corresponsione furono obbligati i Rivoltosi.
Ogni opposizione bassanese fu dunque soffocata e la via al consenso a favore dei Da Romano era stata spianata.
L'evoluzione comunale fu costretta a frenare, per il controllo della dirigenza comunale esercitato dagli Ezzelini.
In definitiva, dalla vicenda emergeva un solo e vero Vincitore: Ezzelino III che, con straordinaria abilità, aveva rovesciato le sorti della insurrezione sul piano militare e morale.
Pur avendo egli avuto ragione, aveva accettato la sanzione comminata dimostrando equilibrio e senso della misura e soprattutto restituendo la città al fratello.
I Due avrebbero per ragioni sconosciute interrotto i rapporti una decina di anni più tardi, quando il territorio bassanese divenne per Ezzelino camera specialis e sede di trattamenti di favore fiscali e giurisdizionali, ricambiati con fedeltà militare.
Bibliografia
G. Cracco: Il grande assalto
G. Fasoli: Dalla preistoria al dominio veneto, Storia di Bassano