Luglio 3, 2023

La congiura dei Baccher

La Repubblica partenopea filo-francese del 1799 durò cinque mesi durante i quali dovette far fronte a varie reazioni realiste.

Fra esse, la più celebre fu la Congiura dei Baccher di cui si conosce poco sia per la esiguità degli atti giudiziari, sia per il silenzio dei suoi Protagonisti il cui intento era reinsediare il Re Ferdinando.

In essa furono coinvolti il Commerciante Vincenzo Baccher e i figli: gli Ufficiali di Cavalleria Gennaro e Gerardo; il Capitano dei Cacciatori reali Giovanni; il Funzionario statale Camillo e Placido che nel 1802 si votò al sacerdozio e diventò il primo rettore della Basilica del Gesù vecchio.

Formarono un gruppo segreto composto da Impiegati, Popolani ed ex Militari e, confidando nel sostegno della Flotta inglese, organizzarono una rivolta per il 10 aprile del 1799 partendo dall’assalto al Comando della Guardia nazionale repubblicana, scarsamente difeso.

Avevano altresì diffuso materiale clandestino sull’imminente arrivo del Cardinale Ruffo e dalla sua coraggiosa Armata sanfedista e distribuito biglietti di riconoscimento giusti a garantire la vita a Quanti ne avessero esibito il possesso.

Il 2 aprile la Marina britannica entrò nel porto di Napoli, agitando la città.

Nella notte del 5 successivo molti Realisti subirono perquisizioni.

I Baccher per primi.

Si apprese in seguito, dalla testata giacobina il Monitore Napolitano diretta da Eleonora De Fonseca Pimentel, che il Governo era stato avvertito della congiura da Vincenzo Cuoco a sua volta informato da Luisa de Molino Sanfelice.

Costei ne aveva avuto i dettagli dal suo Amante Gerardo Baccher, che per proteggerla le aveva dato un salvacondotto, ed aveva informato delle circostanze anche l’amico Ferdinando Ferri.

Benedetto Croce scrisse che …la vendetta e la crudeltà presero la maschera di una necessaria misura di rigore che avrebbe allontanato il pericolo di una sollevazione della plebe alle spalle delle milizie repubblicane, uscenti dalla città per tener testa alle orde del Ruffo

Arrestati, furono giustiziati Gerardo e Gennaro Baccher, Natale D’Angelo, Ferdinando e Giovanni La Rossa nel cortile di Castelnuovo una manciata di ore prima dell’arrivo del Cardinale Ruffo a Napoli. Un Cronista sostenne che furono fucilate anche altre …undici persone della minuta plebe….

I Baccher?

All’arrivo dei Francesi, i Baccher avevano combattuto nelle periferie; a Capodichino; al Ponte di Casanova e a Porta Capuana dando dato vita ad una Unione realista che pianificava l’insurrezione con l’obiettivo finale di impadronirsi del Forte di Sant’Elmo, ove erano arroccati i Giacobini.

Quando i Controrivoluzionari lo conquistarono, i Baccher non c’erano: la notte del 5 aprile del 1799 erano stati già fermati dalla Polizia repubblicana e dalle Milizie francesi, informate da uno degli Amanti di Luisa Sanfelice.

Il Repubblicano Pietro Colletta assume che ….Due fratelli Baccher (…) furono archibugiati, come in segreto, sotto un arco di scala di Castelnuovo. Supplizio crudele, perché nelle ultime ore del governo, senza utilità di sicurezza o di esempio. Non bastò il tempo, e fu ventura, a più estesi processi contro a’ congiurati dei Baccher….

Chi erano i Baccher?

I coniugi Vincenzo Baccher e Cherubina Cinque avevano messo al mondo sette figli: due femmine, Orsola e Rosa, e cinque maschi: Gerardo; Gennaro; Giovanni; Camillo e Placido.

Partenopei di nascita ma Svizzeri di estrazione, erano ricchi Commercianti di cristalli e preziosi di rigorosa osservanza borbonica: tutti i Maschi, tranne Placido che prese i voti, servivano l’esercito reale.

Già anni prima dei drammatici eventi, Gerardo Baccher aveva conosciuto e si era invaghito di Luisa Sanfelice che si divideva tra diversi Amanti.

Fra essi, il Capitano della Guardia Nazionale Repubblicana Ferdinando Ferri e lo Storico Vincenzo Cuoco.

Durante i suoi convegni amorosi ella, che era stata informata della cospirazione ed aveva ricevuto il bigliettino di garanzia dal suo Spasimante, ne aveva informato il Cuoco e il Ferri.

A quest’ultimo, anzi, aveva ceduto il proprio salvacondotto.

Durante la breve durata della Repubblica, la Sanfelice…. apprese che due giorni dopo i fratelli Baccher dovevano organizzare un sollevamento di Lazzaroni e sgozzare gli Ufficiali di un certo posto della Guardia Nazionale. L’amante della Sanfelice faceva parte di questo posto [evidentemente si tratta di Ferri]. Al momento in cui egli tornava in caserma, lei si gettò ai suoi piedi per trattenerlo: così egli ottenne dall’amore della sua amica la rivelazione del complotto….

La congiura fallì e il Monitore Napoletano definì impropriamente la Sanfelice Madre della patria.

Gerardo e Gennaro furono condannati a morte.

L’inconsolabile genitore chiese al Re Ferdinando la testa della Delatrice.

La ottenne: cessata la esperienza repubblicana, la improbabile Eroina fu accompagnata al patibolo e, per ordine del Sovrano, costretta ad inginocchiarsi davanti alla casa listata a lutto dei Baccher in via Medina.

Gerardo e i fratelli

Nacque a Napoli nel 1769.

Il padre in realtà si chiamava de Gasaro ed era figlio di un Gerardo de Gasaro e di Orsola Romano ma, allevato dai fratelli uterini, aveva assunto il cognome del primo marito di sua madre Girolamo Baccher, di famiglia forse svizzera o forse tedesca insediatasi nel Sud da oltre un secolo.

Gerardo condivise con i fratelli e con il genitore la fatale congiura.

Era Tenente quartiermastro nel Reggimento di Cavalleria del principe di Moliterno.

Forse combatterono a Capodichino e a Porta Capuana nelle tragiche giornate del gennaio 1799, quando la Plebe eroicamente tentò d’impedire alle Truppe del generale Championnet l'ingresso nella città; ma certamente, dopo l’istituzione della Repubblica, militarono nel partito borbonico anche per la solida amicizia familiare con Sir John Francis Edward Acton, Comandante della Flotta del Granducato di Toscana, Ministro della Marina e Segretario di Stato del Regno di Napoli.

I sei Baccher furono membri una della più importante Unione realista locale, formata da pezzi di Nobiltà e Popolani, da Impiegati e Ufficiali decisi alla controrivoluzione.

Al complotto parteciparono qualche centinaio di Giovani guidati dal Capitano di Reggimento di Artiglieria Vincenzo Vinaccia e istruiti da un tal Michele Arturi; un gruppo capeggiato dal Tintore quarantaseienne Natale D'Angelo e i germani Ferdinando e Giovanni La Rossa, Impiegati presso il Banco di Sant’Eligio.

La rivolta avrebbe dovuto scoppiare il 10 aprile ed aveva come primo obiettivo la conquista di Castel Sant'Elmo per liberare i Detenuti; tuttavia la forte sorveglianza della Polizia e forse anche il mancato arrivo della Flotta inglese che avrebbe dovuto supportarli indussero all’anticipazione dell’evento all'8 dello stesso mese.

Affrettarono i preparativi e distribuirono salvacondotti; poi il 2 aprile giunse la Marina britannica che creò tensione fra le Truppe francesi e le Unioni realiste e produsse, nella notte fra il 5 e il 6 aprile una valanga di perquisizioni ed arresti.

In casa dei Baccher furono rinvenute bandiere realiste e coppole rosse ed essi furono …sorpresi da Pasquale Battistessa con una coccarda rossa ed un tamburo con le armi regie… e, come avrebbe poi scritto in una lettera il vecchio Vincenzo, furono …carcerati in orridi e oscuri criminali...

Il 13 aprile del 1799 il Monitore Napoletano diretto dalla Eleonora De Fonseca Pimentel scrisse che la cospirazione era stata denunciata da Vincenzo Cuoco a sua volta edotto dei dettagli da Luisa de Molino Sanfelice.

Il suo Amante Gerardo Baccher, teso a proteggerle la sua vita, le aveva dato uno dei lasciapassare ed ella si era preoccupata di riferire le circostanze a Ferdinando Ferri oltre che al Cuoco.

In sostanza la cosiddetta Eroina saldò i piaceri dell’alcova ad un evento politico dalle drammatiche conseguenze, senza alcuna responsabile cognizione di causa.

La rivoluzione fu stroncata e cominciarono le rappresaglie.

Il 3 giugno una legge approvata dalla Commissione legislativa dichiarò che la Patria era in pericolo e sostenne la necessità di …una spedita ed istantanea giustizia per punire coloro che l'avevano tradita….

Una Commissione rivoluzionaria composta da cinque Membri: Domenico Pagano Commissario del Potere Esecutivo; Rocco Lentini; Giuseppe Pinto; Timoleone Bianchi; Francesco Rossi e Giambattista Marithonè poi sostituito da Clino Rosselli, si dette incarico di giudicare …sull'istante a pluralità di voti e militarmente senza appello o altro gravame tutti i rei di Stato o che fossero cospiratori o che avessero avuta criminosa corrispondenza cogl'insurgenti e nemici della patria

Poche ore prima dell'ingresso dell’Armata Sanfedista in città, essi emisero il verdetto di colpevolezza e irrogarono la pena di morte per il trentenne Gerardo ed il trentaduenne Gennaro Baccher, Natale D'Angelo, Ferdinando e Giovanni La Rossa con un …supplizio crudele perché nelle ultime ore del governo, senza utilità di sicurezza ed esempio…, come ammise Pietro Colletta…. Furono giustiziati con barbara maniera perché loro si diedero poche ore di cappella e furono menati due tre volte nel luogo dove volevasi eseguire la sentenza… che poi si eseguì … come in segreto sotto un arco di scala… dal lato della cappella di Santa Barbara all’interno del cortile del Maschio Angioino.

La lapide dei Baccher e degli altri Martiri che era nel medesimo sito in seguito …fu cancellata da mano ingiusta

Gli atti di morte furono pubblicati sul libro dei defunti XV ed ultimo della Parrocchia Palatina di Santa Barbara, nella quale furono sepolti

Ed infatti, così furono riassunte le loro ultime ore: … Cinque sventurati furono menati nella piazzetta di Castel Nuovo dove si doveva eseguire la sentenza. Ma giunsero contrordini; forse per un momento prevalsero consigli più miti e più sani. I condannati furono fatti rientrare, sennonché sopravvenne dopo un po' la conferma dell'ordine ed essi vennero ricondotti sulla piazza. Si ebbe ancora qualche altra incertezza e finalmente si procedette all'esecuzione. Ed essendo i soldati di linea tutti sui luoghi di combattimento, si adibirono alla fucilazione i militi della Guardia Nazionale. I cinque affrontarono intrepidi la morte… (Croce, Luisa Sanfelice)

I Sanfedisti liberarono Vincenzo Baccher e i figli Camillo e Giovanni dalle carceri della Vicaria e si posero alla testa del movimento reazionario.

In seguito furono lautamente risarciti, ma lo strazio fu attenuato dalla esecuzione della Sanfelice.

Nel 1806, Giuseppe Bonaparte dispose l’arresto di Vincenzo e il confino nel forte di Fenestrelle.

Sarebbe tornato a Napoli solo nel 1815 e vi sarebbe deceduto il 10 aprile del 1818.

Si ignora la sorte di Giovanni.

Camillo, Primo Tenente dei Cacciatori Reali, il 1° luglio del 1799 seguì il Re in Sicilia e rientrò sul continente alla fine del regime murattiano diventando in una manciata di anni Capitano nel 1815; Maggiore nel 1820; Tenente Colonnello dei Pionieri reali nel 1823; Colonnello Tenente di Re della piazza di Capua nel 1827 ed andando in pensione nel 1834 come Colonnello graduato brigadiere per semplice onorificenza.

Placido prese i voti nel 1803: divenne Rettore della chiesa del Gesù Vecchio e per quanto fosse amato dal Popolo, fu inviso ai Liberali.

Impietoso il giudizio di Luigi Settembrini che nella sua Protesta lo definì …focoso agitatore delle donnicciuole e dei più feccioso popolazzo….

Si spense a Napoli il 19 ottobre del 1851 in odore di santità.

Luisa Sanfelice: Eroina o Prostituta?

Non fu Eroina della libertà, né Rivoluzionaria.

Fu solo una donna punita dalla sua stessa spregiudicata disinvoltura, nel contesto della grande tragedia che fu la rivoluzione napoletana del 1799.

Di aristocratica famiglia napoletana e neppure particolarmente avvenente, a diciassette anni sposò il cugino Andrea delli Monti Sanfelice dei Duchi di Lariano e Agropoli.

Li accomunò l’inesperienza; la sconsiderata inclinazione alla mondanità e la irresponsabile mancanza aderenza alla loro condizione finanziaria.

Presto, tre figli da mantenere e non un soldo.

In virtù dei vincoli di fedeltà alla Monarchia manifestati dai rispettivi genitori, il Re Ferdinando IV di Borbone intervenne nominando un Tutore; pagò i Creditori; mise in collegio i Bambini e separò la scriteriata coppia confinandola in due diversi monasteri ove moralizzassero la loro condotta.

Riuscirono a fuggire ma presto, l’umiliante condizione della quotidianità evidenziò, assieme allo stremo economico, la megalomania di lui e la leggerezza di lei.

Ciascuno dei due prese la sua strada.

Nel frattempo, le nozze di Ferdinando di Borbone e Maria Carolina d’Austria avevano ribaltato la situazione politica partenopea: cessata l’influenza spagnola, anche l’inclinazione verso la Francia andava attenuandosi mentre, su consiglio dell’Ammiraglio ed influente Ministro Sir John Edward Acton si ci orientava verso un assetto filo-inglese.

Nel 1798, aizzato dall’Ammiraglio Nelson, il Re entrò nella coalizione antifrancese per demolire la Repubblica Romana imposta da Bonaparte e restituire l’Urbe al Papa.

In una prima fase, il Generale francese Championnet fu sopraffatto dalle truppe del Regno ma, riorganizzatosi, costrinse il Sovrano alla fuga da Napoli.

Il trono vacillò; il Popolo entrò in fermento: la umiliante impresa capitolina; la mole di denaro su essa investita, la perdita di vite umane scossero il Regno.

L’ordine tornò solo nella notte del 22 dicembre del 1798, quando si videro …numerose navi staccarsi dal molo… e prendere il largo.

La Vanguard di Nelson e la Sannita di Francesco Caracciolo scortavano verso la Sicilia il Re, la Regina, la famiglia reale e la Corte.

Un mese dopo: il 23 gennaio del 1799 Championnet entrava in una città che, pur preda dell’anarchia e della paura, per tre giorni si difese mantenendosi fedele ad un Sovrano in fuga.

La vittoria arrise ai Francesi, ma la Repubblica nacque nel sangue.

I Lazzari ancestralmente monarchici, ancorché traditi continuarono a considerare legittima quella dinastia ed il suo vessillo con i tre gigli bianchi respingendone la sostituzione con il drapeau giallo, blu e rosso di una Istituzione soggetta alla Francia.

Armati di piroccola: un bastone corto e nodoso, essi mantennero la loro irriducibilità lealista.

Fu quello il clima nel quale restò coinvolta la Luisa Sanfelice, della quale si era innamorato Gerardo Baccher pur sapendola anche Amante del giacobino Fernando Ferri.

Sparsasi voce che la flotta di Nelson veleggiava verso Napoli, maturò la congiura e, il giorno avanti alla sua realizzazione, Baccher le consegnò segretamente un salvacondotto nell’ipotesi di controlli francesi a tappeto.

Nella stessa sera Luisa corse dal Ferri e gli fece dono del lasciapassare, rivelandogli le informazioni assunte qualche ora prima.

Senza volerlo, ella fece fallire la cospirazione: nella stessa notte, infatti, i Congiurati furono arrestati su denuncia di Vincenzo Cuoco, anch’egli Amico della vivace signora.

Non perse tempo il Monitore Napoletano diretto da Eleonora de Fonseca Pimentel nel notiziare gli eventi e lodare la donna che aveva salvato la Repubblica Partenopea e scongiurato il ritorno del Re: Luisa Sanfelice de Molina, antirealista e giacobina neppure consapevole del ruolo assunto nella vicenda.

tra quelle lodi… e sotto quella veste di cerimonia si sentiva trafitto il cuore al pensiero degli sventurati Baccher, per sua colpa, o almeno per cagion sua, mandati alla morte; senza ch’ella trovasse nemmeno nel suo animo il conforto del fanatismo politico. E la responsabilità della gloria non cercata la opprimeva… (Benedetto Croce).

I Realisti investirono sul tempo le loro speranze: la Marina inglese era in prossimità del porto e le truppe sanfediste del Cardinale Ruffo protette da Sant’Antonio erano alle porte di Napoli.

Il reinsediamento del Re, il 19 giugno del 1799, fu un troppo tardi.

Il 3 giugno Gerardo e Gennaro Baccher erano stati già fucilati.

La rappresaglia borbonica fu spietata.

Da Palermo, Ferdinando IV annunciò l’imminenza del suo ritorno con un ordine secco: …Famme truvà tante casecavalle appisi… (Fammi trovare tanti caciocavalli appesi), alludendo all’autorizzazione di esecuzioni per impiccagione.

Ruffo eseguì.

Gran parte dell’Intellighenzia napoletana ciondolò al vento dalle forche.

In testa all’elenco dei Traditori, Luisa Sanfelice colpevole di aver causato la morte di fedelissimi della Corona.

II processo iniziò il 13 settembre del 1799 e, con sentenza dei cinque giudici componenti il Consiglio di Stato, fu condannata a morte e condotta in cappella per prepararsi all’atto finale.

Dal dramma, allora, ella passò alla farsa dicendosi incinta ed appellandosi ad una legge che vietava la pena capitale su donne in stato interessante.

La visita fiscale trovò la complicità del Medico che confermò il suo stato.

E trascorsero mesi sperando in un atto di clemenza.

Anche la nuora del Re era prossima al parto: se fosse nato un maschio, sarebbe stata applicata una amnistia generale.

E accadde che la Principessa Maria Clementina, moglie del Principe ereditario Francesco, mettesse al mondo Ferdinando.

Secondo tradizione, ella poteva presentare richiesta di tre grazie al Re.

Quando il re entrò allegro e ridente tenea tra le braccia il bambino, lodandone la beltà e la robustezza. Vide il foglio e domandò cosa fosse….

È la grazia che io vi chiedo; ed una sola, non tre, tanto desidero ottenerla dal cuore benigno di Vostra Maestà

Ed egli: …Per chi pregate?...

Per la misera Sanfelice

ma la voce le fu tronca dal piglio austero del re che, mirandola biecamente, depose, o, quasi per furia, gettò l’infante sulle coltri materne e senza dir motto, uscì dalle stanze, né per molti giorni vi tornò…. (Pietro Colletta)

La mattina dell’11 settembre 1800 Luisa Sanfelice uscì scortata dai Confratelli della Congregazione dei Bianchi, diretta alla Piazza del Mercato, dove era attesa dal Boia.

Per un anno si era illusa, ma la nemesi non le aveva dato scampo.

Salì sul patibolo sostenendosi al Confessore.

Un colpo di fucile ruppe il silenzio dell’attesa e la lama piombò sulla spalla invece che sul collo.

Tra l’orrore della gente fu un coltello a concludere la vita.

Bibliografia

B. Croce: Luisa Sanfelice e la congiura dei Baccher, in La Rivoluzione napoletana del 1799

B. Croce: Uomini e cose della vecchia Italia

P. Colletta: Storia del Reame di Napoli

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