Novembre 18, 2023

La guerra di Candia

La quinta guerra turco/veneziana fu combattuta tra la Serenissima alleata ai Cavalieri di Malta; alla Chiesa; al Granducato di Toscana e alla Francia e l’Impero ottomano per il possesso del ricchissimo possesso di Creta.

Durò dal 1645 al 1669, impegnando l’intero Egeo e la Dalmazia.

Il prolungato assedio dell’isola spostò gli scontri sul mare e Venezia mantenne l’egemonia vincendo numerose battaglie navali ma, in esito al blocco dello stretto dei Dardanelli, non condizionò mai l’impegno militare dei Turchi che, parallelamente, organizzarono spedizioni anche contro l’Impero asburgico in Transilvania.

Il conflitto stremò l'economia veneta e, negli anni ‘60 del XVII secolo, malgrado i continui aiuti delle Nazioni cristiane, gli Ottomani erano riusciti a strutturare le proprie forze lanciando, sotto il comando della famiglia Köprülü, una campagna nel 1666 diretta dal Gran Visir: fu la fase più cruenta e connotata dal drammatico assedio di Candia.

Dopo ventidue anni di isolamento l’isola si arrese e, col trattato di pace, la Repubblica veneziana riuscì a mantenere solo qualche fortezza isolana ed esigue concessioni territoriali in Dalmazia.

Creta, persa per sempre, restò agli Ottomani fino alla riunificazione con la Grecia avvenuta nel 1898.

Le cause del confitto

Dopo la conquista turca di Cipro, durante la quarta guerra con Venezia, Creta divenne l'ultimo possedimento d'oltremare veneto ed il più appetito per le sue dimensioni e per la fertilità del suo territorio.

I Veneziani non provocarono mai gli Ottomani e rispettarono scrupolosamente i termini dell' ultimo trattato mantenendo sessant’anni di relazioni pacifiche; tuttavia, all'inizio del XVII secolo lo scenario mutò: la Repubblica era stata indebolita dalla apertura delle nuove rotte commerciali atlantiche; dalla perdita del mercato tedesco a causa della Guerra dei Trent’anni; dai conflitti dell’Italia settentrionale e dalla epidemia di peste del biennio 1629/1631.

Le tensioni con l'Impero ottomano maturarono nel 1638 quando, dopo avere annientato un convoglio di Pirati barbareschi rifugiatisi nel porto turco di Valona, l’Armata veneta bombardò la città.

Il Sutano Murad IV se ne indignò; fece giustiziare tutti i Veneziani sul territorio e boicottò tutti i commerci con la Repubblica, costretta a corrispondere un elevato indennizzo.

Nel 1644 si verificò un episodio simile, diversamente concluso: il 28 settembre, alcune galee dei Cavalieri di Malta attaccarono una colonna in navigazione tra Costantinopoli e Alessandria d'Egitto ospitante Pellegrini in viaggio per La Mecca.

Tra essi, il Kizlar Agha Sunbul Aga; il Gadi del Cairo ed il precettore di Maometto IV che furono uccisi, mentre trecentocinquanta uomini e trenta donne venivano catturati a beneficio della tratta degli Schiavi e condotti sulla costa meridionale di Creta.

Gli Ottomani reagirono brutalmente accusando la Serenissima di collusione con i Cavalieri ed usarono la circostanza come casus belli per dichiararle guerra, a margine di faticosi negoziati l'ultimo dei quali si svolse nel 1645.

Contro il parere del Gran Visir Sultanzade Mehmed Pasha il conflitto si aprì con una imponente spedizione comandata da Silāhdar Yūsuf Pasha, genero del Sultano.

La formidabile Armata attraversò i Dardanelli il 30 aprile facendo rotta sul porto di Navarino nel Peloponneso e trattenendovisi per tre settimane.

Per ingannare i Veneziani, gli Ottomani fecero circolare la voce che l'obiettivo fosse Malta.

Il conflitto

Gli Ottomani impegnarono sessantamila unità e quattrocento imbarcazioni al comando di Silāhdar Yūsuf Pasha per una spedizione punitiva su Malta ma, a sorpresa, lungi dal puntare sull'isola dei Cavalieri, comparvero nel 1645 avanti al porto di Canea le cui fortificazioni erano assai fragili e sorvegliate dalla sola guarnigione di stanza.

La occuparono con Rettimo e Suda in soli due mesi.

La risposta della Serenissima guidata dal Doge Francesco Erizzo non si fece attendere: nel 1646 una squadra navale batté i Turchi a Negroponte ma, nel 1648, ormai l'isola di Creta era in mano loro ad eccezione di Candia che resisteva all'assedio.

Il 12 maggio di quell’anno le diciannove navi di Giacomo Riva annientarono un convoglio di novantatrè legni turchi nella battaglia di Focea, sotto Smirne e, ancora il 10 luglio del 1651, nelle acque di Paro la Flotta di Tommaso e Lazzaro Mocenigo gli inflisse una epocale rotta conseguendo la vittoria definitiva il 15 maggio del 1654 con l’assedio di Perasto.

Ulteriori scontri segnarono anche il 1655 e di nuovo l’Armata veneziana annientò i Nemici il 21 giugno del 1656 con il supporto di Lorenzo Marcello, che sfondò le difese dello stretto dei Dardanelli riuscendo a minacciare il 26 agosto la stessa Istanbul mentre il 26 successivo vi entrava il capitano ottomano Sinan con ventotto natanti; sessanta galee e sette galeazze.

L’urto fu epocale: i Veneziani disponevano di ventotto navi, ventiquattro galee leggere e sette galeazze.

Alla testa dell’operazione di arrembaggio Lorenzo Marcello fu mortalmente colpito da una palla di cannone e il suo Luogotenente Giovanni Marcello conseguì una formidabile vittoria.

Alla fine della battaglia i Turchi contarono oltre diecimila morti contro i trecento Veneti e il bottino di guerra fu di tredici galee, sei navi e cinque maone.

Il resto della flotta affondò.

La disfatta gettò nel panico Istanbul al punto da indurre la Corte imperiale a lasciare il palazzo Topkapi per il timore di un imminente attacco.

Nel 1657 la Serenissima brillò ancora a Chio ma, tra il 17 e il 19 luglio, fu battuta in uno scontro in cui perse la vita anche Lorenzo Mocenigo.

Il 7 novembre del 1659 la firma del trattato dei Pirenei, che confermò la pace tra Francia e Spagna, fornì a Venezia la possibilità di contare sul sostegno dell’Occidente: nel 1661 essa conseguì nelle acque di Milo una strepitosa vittoria che indusse gli Ottomani a rinunciare al conflitto.

Nell'agosto del 1664 firmarono il patto di Vasvár.¹

Nel 1666 fallì una spedizione di riconquista della Canea e l’anno successivo il Gran Visir in persona diresse l’assedio di Candia stremata da diciannove anni di guerra.

Nella città erano convenuti contingenti di Volontari di tutta Europa per difendere l’ultimo avamposto cristiano d’Oriente.

Le ultime imprese armate furono tentate da Vincenzo Rospigliosi, nipote di Clemente IX ma, ancorché confortato dai Cavalieri di Malta e dalle flotte napoletana e francese, egli dovette desistere.

Non si arrese, tuttavia, la città che pur distrutta e spopolata fece fronte ai bombardamenti fino al 5 settembre del 1669, quando dovette soccombere ricevendo l’onore delle armi.

I Turchi avevano perso centotrentamila uomini e 3/4 del budget imperiale.

La pace

Il trattato tra Venezia e gli Ottomani fu firmato due anni dopo la perdita di Candia: nel 1671, e sancì per i Veneziani la definitiva perdita di Creta nella quale riuscirono a mantenere il possesso delle sole isole-fortezza di Gambusa, Suda e Spinalonga e dell’isola di Zante previa corresponsione di un indennizzo di mille e cinquecento ducati annui.

La pace fissò la frontiera veneto-turca in una fascia adriatica comprensiva del territorio dal canale della Morlacca a Vrana, Sebenico, Traù e Almissa.

Solo i domini dalmati furono ampliati alla fine del conflitto.

Note:

¹ La pace di Vasvár, cittadina ungherese nella contea di Vas, il 10 agosto del 1664 impegnò la firma dell’ Imperatore Leopoldo I e del Sultano Maometto IV dopo la battaglia di San Gottardo.

Bibliografia

F. Cardini: Il Turco a Vienna: Storia del grande assedio del 1683

C. Diehl: La Repubblica di Venezia

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