Febbraio 5, 2024

La congiura de’ Pazzi

Il fatto di sangue più efferato del secolo fu pianificato dai Banchieri fiorentini de' Pazzi per scardinare l’egemonia medicea nella Repubblica di Firenze al tempo ricchissima, potente e forte di botteghe artistiche; di cospicui commerci; di banche; di pregevoli monumenti e di formidabili opere d’Arte realizzate da Leonardo, Verrocchio, Botticelli e Ghirlandaio.

A detenere il potere politico locale erano i Medici che prestavano enormi somme di denaro alla città, al Papa e ai Regnanti stranieri.

Cosimo, Fondatore della Dinastia, aveva instaurato un dominio che gli consentiva di tenere le redini del governo grazie a grovigli di Amicizie e Clientele e, dal 1469, aveva trasmesso quel potere ai Nipoti: il ventenne Lorenzo e il sedicenne Giuliano.

Essi destarono l’invidia dei Pazzi che progettarono un colpo di Stato.

Condiviso ed appoggiato dal Papato; dalla Repubblica di Siena; dal Regno di Napoli e dal Ducato di Urbino, il piano di rovesciamento della potente Famiglia ebbe come teatro la cattedrale locale nella data del 26 aprile del 1478.

Antefatti

Nel 1473 il Duca Galeazzo Maria Sforza aveva messo all'asta Imola che, a ridosso dei territori fiorentini, era ambita dai Medici e da Sisto IV deciso a garantirne la signoria al Nipote Girolamo Riario.

A corto di liquidità, essendo ricorso per un prestito ai Medici che glielo avevano negato, il Papa si rivolse con successo ai Pazzi.

Ed è a questa circostanza che si fa risalire la causa del sanguinario evento di sei anni dopo.

Nel frattempo, offeso dal diniego, per ritorsione il Primate romano espropriò i Medici della gestione della tesoreria apostolica assegnandola ai nuovi Amici.

Per Lorenzo fu un gravissimo smacco cui replicò, l’anno successivo, bloccando la nomina di Francesco Salviati alla sede vescovile di Firenze.

All’affronto, Sisto replicò assegnandogli la cattedra di Pisa.

La vendetta medicea, tuttavia, non era ancora completa: nel 1477 il Magnifico fece approvare una legge che impedisse a Beatrice Borromei, moglie di Giovanni dei Pazzi, di ereditare l’enorme fortuna paterna.

Fu l’inizio delle aperte ostilità che dettero vita ad un granitico fronte antimediceo: il Papa, il Duca di Urbino Federico da Montefeltro, il Re partenopeo Ferrante d'Aragona si coalizzarono, decisi ad un intervento armato.

Francesco Pazzi, descritto da Guicciardini come un “Uomo molto inquieto, animoso ed ambizioso”, Nipote del Patriarca Jacopo e nuovo Tesoriere papale, coinvolse il Vescovo Salviati e Girolamo Riario, ora Signore di Imola.

Era indifferibile contenere il potere dei Medici: da una parte le truppe papali ed urbinati marciarono su Firenze acquartierandosi ai confini; dall’altra fu stabilito che il 25 aprile del 1478, nel corso di un banchetto di festeggiamento della nomina cardinalizia del Nipote diciottenne del Papa Raffaele Riario, a Fiesole avrebbero avvelenato i due Germani.

Il Burattinaio dell’intera operazione fu Sisto IV della Rovere, che avrebbe voluto spodestare i Medici per rendere Signore di Firenze Girolamo Riario.

Si allearono con lui le Potenze rivali esterne: Repubblica di Siena, Regno di Napoli e Ducati di Ferrara e di Montefeltro e le Potenze interne: Jacopo e Francesco dei Pazzi e il Primate di Pisa Francesco Salviati.

Una casualità sventò il piano: feritosi a una gamba nel corso di una battuta di caccia, Giuliano non partecipò al pranzo obbligando i Cospiratori a rinviare al giorno successivo la duplice iniziativa omicida.

Il sito del crimine conferì un senso di empietà al progetto: la cattedrale, nel momento liturgico più sacro ovvero l’elevazione dell’ostia consacrata alla presenza del Popolo.

Al mattino dopo, Lorenzo giunse puntuale per il rito con fidati Amici, tra cui Angelo Poliziano.

Il progetto era in fase di esecuzione quando un nuovo imprevisto lo condizionò: Giovanni Battista da Montesecco, incaricato di ucciderlo, si defilò.

In fretta si decise che i due Sacerdoti Antonio Maffei da Volterra e Stefano da Bagnone lo avrebbero sostituito, mentre Francesco dei Pazzi e Bernardo Bandini Baroncelli avrebbero liquidato Giuliano.

Sicché, quando Tutti si inginocchiarono e chinarono il capo Bernardo Bandini e Francesco de’ Passi calarono i pugnali alle spalle rispettivamente di Giuliano e di Lorenzo.

L’Uno morì immediatamente; l’Altro, ferito a una spalla, riuscì a darsi alla fuga.

Mentre il Pazzi infieriva sul corpo martoriato del Primo, il Bandini si diede all’inseguimento del Secondo, ma tra loro si interpose Francesco Nori che offrì la propria vita per l’Amico. Lorenzo riparò nella sagrestia sotto la protezione del Cavalcanti; del Poeta Luigi Pulci e di Altri che richiusero alle loro spalle le grandi ante di bronzo realizzate da Luca della Robbia.

Uno di Essi: Bartolomeo della Stufa, salendo dalla scala interna sulla cantoria osservò il corpo martoriato di Giuliano e registrò il tentativo dei Congiuranti di sollevare la Gente contro la fazione medicea al grido di “Libertà! Libertà!”.

Avevano, tuttavia, sottostimato il reale sentimento dei fiorentini: il Popolo non solo non seguì gli Assassini, ma li assalì dando avvio ad una vera e propria caccia all’uomo.

Linciati e/o condannati a morte tutti i Congiurati persero la vita e furono consegnati alla damnatio memoriae: Firenze non solo non perse la propria libertà, ma aprì la sua stagione magnifica, ricordata come l’epoca d’oro di Lorenzo.

Gli antefatti nello specifico

Il 26 aprile del 1478, fu posto in essere il tentativo di assassinare Lorenzo e Giuliano de' Medici e gli eventi si conclusero con il ferimento dell’Uno e l’esecuzione dell’Altro e con il conseguente consolidamento del potere e della popolarità della potente Famiglia che esercitò notevole influenza sull'Italia della fine del XV secolo.

Più di una congiura aveva segnato il percorso politico dei Medici: Cosimo era stato esiliato; Piero era rocambolescamente scampato ad un agguato tesogli da Luca Pitti; Leone X avrebbe dovuto essere ucciso dal suo Medico, su ordine di Porporati a lui ostili; Cosimo I rischiò di essere liquidato davanti a Palazzo Pucci e, dal 1469, la città fu di fatto governata dai figli Lorenzo e Giuliano, rispettivamente ventenne e sedicenne i quali, pur senza incarichi formali, controllavano la Magistrature attraverso una rete di fidati Referenti.

Non è ancora chiaro del tutto se la congiura fosse pianificata dai Pazzi a Firenze o a Roma da Sisto IV: è certo che l'idea della eliminazione dei Due Medici fu approvata da una serie di potenti Personaggi.

Il Papa, celebre per lo sfrenato nepotismo, fin dalla sua elezione nel 1471, aveva espresso l’intenzione di contenere l’espansionismo mediceo verso la Romagna e d’impadronirsi dei ricchi territori fiorentini a vantaggio dei Nipoti, a partire da Girolamo Riario.

Aveva, pertanto, già esautorato la potente Famiglia dall'amministrazione delle finanze ecclesiali in favore dei Pazzi cui la titolarità della nomina conferì prestigio e potere.

Il Magnifico se ne sentì insultato ed attese di vendicarsi: la gestione dei beni ecclesiali implicava enorme arricchimento derivante sia dalle commissioni sui movimenti, sia dallo sfruttamento delle miniere di allume dei Monti della Tolfa, usato come fissante per la tintura dei panni e per i colori delle miniature e come insostituibile sostanza per la produzione tessile e libraria.

Il disegno complottista non era stato previsto per la parentela dei due ceppi dinastici: Guglielmo de’ Pazzi aveva sposato Bianca sorella dei due Medici.

La rivalità fu accesa dalla questione dell'eredità di Beatrice Borromei, moglie di Giovanni de’ Pazzi: nel 1477, morto il suo ricchissimo Genitore, Lorenzo fece promulgare una legge retroattiva che privava le figlie femmine dell'eredità in assenza di Fratelli, trasmettendola direttamente ai Cugini.

La disposizione mirava a contenere il formidabile patrimonio familiare impedendo a Giovanni, genero del Defunto, di mettere le mani sulla assai cospicua eredità della consorte.

E di più: Lorenzo rinfacciò ai Pazzi di aver prestato al Papa trentamila ducati perché il Riario si impadronisse della Contea di Imola, pericolosamente a ridosso del territorio fiorentino.

Fu a fronte di queste circostanze che maturò la congiura di cui si fecero Registi Jacopo e Francesco de Pazzi ed il Primate di Pisa Francesco Salviati, cui era stata dai Medici sottratta la cattedra di Firenze in favore di Rinaldo Orsini: eliminati i Medici, la guida della città sarebbe stata assunta da Girolamo Riario.

Il Pontefice trovò sostegno nella Repubblica senese, nel Re di Napoli, in Todi, Perugia, Imola e Città di Castello.

Il diretto Responsabile della duplice azione omicidiaria fu individuato in Giovanbattista Montesecco che, respingendo il ruolo di Sicario e rifiutatosi di commettere un così empio atto in una chiesa nel corso di una funzione religiosa, fu rimpiazzato da due Preti: Stefano da Bagnone e il Vicario apostolico Antonio Maffei da Volterra.

Alla organizzazione del complotto partecipò anche Pietro Felici, Segretario del Duca di Urbino: una volta che la trama avesse avuto esito positivo, il Legato papale Lorenzo Giustini e il Governatore di Imola Gianfrancesco Mauruzzi da Tolentino avrebbero guidato le truppe armate del Riario avanti alle porte fiorentine tenendole a disposizione dell'Arcivescovo Salviati e di Francesco de' Pazzi.

Domenica 26 aprile del 1478: ore 13.30

Il piano originario prevedeva che, durante un banchetto organizzato a Fiesole per il sabato 25 aprile del 1478 allo scopo di festeggiare l'elezione cardinalizia del diciottenne Raffaele Riario, nipote di Sisto IV, i fratelli Medici fossero avvelenati da Jacopo de’ Pazzi e Girolamo Riario; tuttavia una improvvisa indisposizione di Giuliano sventò il disegno, rinviato al giorno successivo durante la messa in Santa Maria del Fiore.

La domenica il forse ignaro giovane Porporato officiò il rito di ringraziamento per la festa voluta in suo onore il giorno avanti: alla messa parteciparono i Medici ed i Congiurati.

Giuliano era ancora indisposto e Bernardo Bandini e Francesco de’ Pazzi si offrirono di andare a prenderlo personalmente: durante il percorso lo abbracciarono per verificare se indossasse sotto le vesti una cotta di maglia ma Egli, per una infezione a una gamba, non aveva messo l’abituale giaco protettivo né si era dotato del suo "gentile" ovvero quel coltello da guerra così scherzosamente definito, proprio per evitare che esso premesse sulla ferita.

Giunsero in chiesa quando la messa era già iniziata.

Parallelamente, il Primate Francesco Salviati si portava a Palazzo Vecchio con un seguito di cinquanta Fuoriusciti perugini esigenti protezione, ma in realtà Cospiratori necessari all’assalto dell’edificio nel momento in cui fosse stata comunicata l’avvenuta esecuzione delle due Vittime predestinate.

Intanto in chiesa, al momento dell'elevazione, mentre tutti erano inginocchiati, si scatenò il putiferio: Bandini si avventò a tradimento su Giuliano, cui Francesco de' Pazzi inferse numerosissime pugnalate.

Su Lorenzo si scagliarono invece i due Sacerdoti ferendolo di striscio alla gola, prima che l’inseparabile e fedelissimo Angelo Poliziano e gli Scudieri Andrea e Lorenzo Cavalcanti lo trasportassero di peso in sacrestia sbarrandone le pesanti porte e prima che Bandini sfogasse la sua collera su Francesco Nori, colpevole di avere interposto il proprio corpo tra l’Omicida e il Magnifico, scegliendo di sacrificare la propria vita.

Intanto, a Palazzo Vecchio, Salviati era in difficoltà: l’insospettito Gonfaloniere Cesare Petrucci lo fece fermare con tutti i Perugini, prevenendo l’attacco mentre Jacopo de’ Pazzi alla testa di cento uomini traversava al galoppo le vie cittadine gridando “Libertà”.

Le reazioni del Popolo furono decise: al grido di “Palle, Palle”, emblema dello stemma mediceo, l’onda emotiva popolare sostenne la famiglia aggredita.

Bernardo Bandini corse ad avvisare le milizie del Duca di Montefeltro e del Papa del fallimento della congiura.

Le ritorsioni

I Fiorentini accorsero a Palazzo Pazzi per trascinare Francesco a Palazzo Vecchio, ove con l’Arcivescovo Salviati fu impiccato ad una finestra.

Analoga sorte nelle ore successive sarebbe toccata ai due Sacerdoti che avevano cercato di uccidere Lorenzo.

La Magistratura fu brutale: Antonio Maffei e Stefano da Bagnone, rifugiatisi nella Badia fiorentina, furono catturati e torturati col taglio del naso e delle orecchie prima di essere impiccati, il 13 maggio.

Con loro, un'ottantina di persone tranne Bandini che riuscì a darsi alla fuga e a riparare a Costantinopoli, ove un anno più tardi fu arrestato dai Turchi; consegnato ai Medici ed giustiziato il 29 dicembre del 1479.

Il Magnifico aveva vendicato il fratello e si era sbarazzato in un colpo solo di quasi tutti i Nemici divenendo, come scrisse Guicciardini, “ago della bilancia d’Italia.”

Giuliano fu sepolto in San Lorenzo dopo esequie con enorme partecipazione popolare.

Per i Pazzi ed i loro Sodali l'epilogo fu drammatico: anche Jacopo e Renato, che pure non erano coinvolti nel fatto di sangue, furono impiccati.

Giovannibattista da Montesecco che, sotto tortura rivelò i particolari del piano a partire dal coinvolgimento del Papa additato come principale Responsabile, fu decapitato ma diversamente dagli Altri ottenne l’onore della morte da Soldato e non da Traditore.
Ai Pazzi superstiti furono comminati l’esilio e la confisca dei beni e, alle condanne, seguì la damnatio memoriae: i loro nomi furono cancellati dai documenti ufficiali assieme agli stemmi di famiglia e ai fiorini coniati dal loro banco.

In seguito alle rappresaglie eseguite contro i Cospiratori, il Papa scomunicò Lorenzo chiedendo la liberazione dei Prigionieri e la consegna dei Responsabili delle violenze e firmando un'alleanza col Regno di Napoli e la Repubblica di Siena, puntando alla resa del Governatore fiorentino.

A fronte del rifiuto, la coalizione invase il territorio della Repubblica nel giugno del 1478; lo mise a ferro e fuoco e occupò Castellina in Chianti, Radda in Chianti, Casole d’Elsa, Certaldo, Castelfiorentino, la fortezza di Poggio Imperiale e Colle di Val d’Elsa tenendole sotto assedio fino all’estate del 1480 quando, per effetto della invasione ottomana delle Puglie e del Sacco di Otranto, fu necessario definire con un accordo di pace la questione e reintegrare i Medici dei loro possedimenti in cambio di forti compensi finanziari e l'invio di truppe militari contro i Turchi.

Lorenzo accentrò il potere locale nelle proprie mani e subordinò le assemblee comunali e la Repubblica a un Consiglio di settanta Membri a lui fedelissimi.

In seguito si riconciliò con Alfonso di Napoli e col Papa inviando a Napoli, Portatori di Arte e Cultura, i Legati Giuliano e Benedetto da Maiano e Antonio Rossellino mentre Artisti fiorentini affrescavano la nuova Cappella Sistina.

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