Febbraio 5, 2024

Thomas More

“Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare, che io possa avere soprattutto l'intelligenza di saperle distinguere”

Avvocato; Umanista; Scrittore e Politico, Thomas More passò alla Storia per essersi opposto alla decisione di Enrico VIII di assumere il ruolo di Capo supremo della Chiesa d'Inghilterra e la sua intransigenza gli valse la pena capitale con l'accusa di tradimento.

Nel 1935 fu proclamato Santo da Pio XI e, nel 2000 mediante motu proprio, Giovanni Paolo II lo designò Patrono degli Statisti.

More nacque a Londra dal Giudice Sir John il 7 febbraio 1478; entrò alla corte di Enrico VIII nel 1520 e fu nominato Cavaliere nel 1521.

Fu grande amico di Erasmo da Rotterdam che gli dedicò “L’Elogio della follia”, ma la loro solida relazione intellettuale fu deteriorata dai vistosi errori denunciati dal Filosofo nella dottrina cattolica della quale, per contro, Thomas si fece strenuo difensore.

Come Consigliere e Segretario di Enrico VIII, infatti, Egli contribuì alla elaborazione de "La difesa dei sette sacramenti" consistente di una dura polemica contro Lutero ed a sostegno del Papato conseguendone, da parte di Leone X nel 1521, l’attribuzione del titolo di Difensore della Fede al Sovrano inglese.

More giudicò eretica la Riforma, considerandola una minaccia all'unità della Cristianità e della Società civile: appoggiò il Cardinal Thomas Wolsey nell’impedire l’importazione dei testi protestanti in Inghilterra; pose sotto sorveglianza i sospetti Dissidenti; dispose l’arresto di Chi detenesse o commerciasse libri sul Protestantesimo e dei Ministri di culto che usavano la traduzione in inglese del Nuovo Testamento realizzata da William Tyndale; stando alle precise accuse formulate da John Foxe, pretese anche la tortura dei Ribelli religiosi quando divenne Lord Chancellor.

Analoghe denunce furono poi circostanziare da Brian Moynahan e Michael Farris.

Alla fine, pur dopo averle vigorosamente respinte e negate, More dovette ammettere di aver tenuto Prigionieri presunti Eretici nella sua casa e di aver fatto ricorso a punizioni corporali nei confronti di un Giovane ostile all’Eucarestia e di un Uomo che aveva interrotto delle preghiere.

Nei fatti, nel perdurare del suo Cancellierato ben sei persone passarono per il rogo: Thomas Hitton, Thomas Bilney, Richard Bayfield, John Tewkesbery, Thomas Dusgate, e James Bainham.

I Biografi sono ancora divisi: Peter Ackroyd ha espresso tolleranza verso il rigore di More, ritenendolo esito della dura contrapposizione religiosa del periodo; Richard Marius è stato assai critico e lo ha accusato di persecuzioni che hanno tradito le pur teorizzate idee umanitarie.

Malgrado Egli sia stato un irriducibile Oppositore della Riforma, nel 1980 la Chiesa inglese lo ha accolto nel Calendario dei Santi e degli Eroi assieme a John Fisher, commemorandoli entrambi il 6 di luglio come “… Martiri della Riforma nel 1535…”.

Fin dall’adolescenza Thomas era stato al servizio del Cardinale e Cancelliere di Corte John Morton ed aveva coltivato una raffinata cultura umanistica a Oxford, ove ebbe contatti con l’Intellighentia coeva: da Colet e Linacre a Latimer e Tunstall.

Dedicatosi agli studi di Diritto a New Inn e poi a Lincoln’s Inn, aprì rapporti con i Francescani di Greenwich e trascorse quattro anni nella Certosa di Londra ma, lasciata la vita claustrale, sposò in prime nozze Jane Colt da cui ebbe quattro figli e, in seconde, Alice Middleton.

Nel 1504 divenne membro del Parlamento e si distinse per la ferma resistenza alla approvazione di un piano di imposte messo a punto dal Re per finanziare i propri progetti.

Specializzatosi in Diritto marittimo, nel frattempo, lavorò per la Livery Companies e la The Merchant Adventures.

Nel 1510, Enrico VIII lo nominò Sottosceriffo e Rappresentante della Corona a Londra; poi, prima di renderlo Giudice di Hampshire, lo incaricò di missioni diplomatiche in Fiandra nel 1515 e a Calais nel 1517.

In quegli anni Thomas pubblicò la celebre UTOPIA.

Nel 1519, fu chiamato nel Consiglio regio; nel 1523 gli fu conferito il titolo di Presidente della Camera dei Comuni e nel 1529 fu Lord Cancelliere.

Da tale carica si dimise per motivi di coscienza nel 1532, protestando contro l’Atto di Supremazia per effetto del quale Enrico si dichiarava Capo della Chiesa d’Inghilterra.

E di più: dopo aver creduto di poter influenzare la dissennata scelta del divorzio del Re dalla Regina Caterina, rifiutò di partecipare alle nozze ed alla incoronazione di Anne Boleyn il 1° giugno del 1533.

Nell’occasione, anzi, abbandonò la vita pubblica e si ritirò nella sua residenza di Chelsea; tuttavia, il 12 aprile del 1534 fu invitato a comparire per il giorno successivo a Lambeth, davanti alla Commissione reale per giurare fedeltà all’Atto di Successione col quale veniva proclamata la sola eredità successoria dei figli della nuova Sovrana, tra cui Edoardo.

Per effetto di questo ulteriore rifiuto, fu arrestato e deportato nella Torre di Londra il 17 di quello stesso mese.

In detenzione confessò alla figlia Margaret: …Per quanto mi riguarda, in buona fede, la mia coscienza mi ha mosso a tal punto che pur non rifiutando di prestare giuramento di successione, non potevo accettare il Giuramento che mi veniva offerto senza mettere la mia anima in pericolo di dannazione eterna….

Interrogato più volte, il 1° luglio del 1535 fu processato a Westminster nella cui sede, attraverso una falsa testimonianza, fu condannato all’impiccagione per alto tradimento.

Durante l’udienza pronunciò una celebre apologia nella quale evidenziò l’indissolubilità del matrimonio; il rispetto del patrimonio giuridico ispirato ai valori cristiani e la libertà della Chiesa di fronte allo Stato.

La condanna fu eseguita cinque giorni più tardi e di More restò una testimonianza di integrità morale, acutezza di ingegno e profonda cultura.

Poche ore prima dell’esecuzione aveva scritto: …Siamo tutti imprigionati nella prigione del mondo, condannati e soggetti alla morte; in questa prigione nessuno sfugge alla morte. […] Così, quando la prigione viene amata come se non fosse una prigione, in un modo o nell’altro la morte ci porta fuori da essa….

Sulle nozze di Enrico VIII e Anne Boleyn

Il Cardinale Lord Cancelliere e Primate di York Thomas Wolsey, che non riuscì a ottenere per il Re la pretesa dichiarazione di nullità del matrimonio con Caterina d’Aragona, nel 1529 fu costretto a dimettersi e fu sostituito da Thomas More che, Esperto di Diritto Canonico e zelante cattolico, considerava lo scioglimento del vincolo di stretta spettanza papale.

Clemente VII era apertamente ostile alla richiesta e dal suo diniego derivò la ferma decisione del Tudor di definirsi Capo assoluto della Chiesa inglese.

Fu chiesto al Clero di riconoscerlo come tale attraverso il Giuramento di Supremazia ma More, che in quanto laico non era obbligato, il 16 maggio del 1532 abbandonò l’incarico di Cancelliere del Regno.

Nell’aprile del 1534, essendosi negato alla approvazione del Primo Atto di Successione che sanciva la legittimità ereditaria dei figli di Anne Boleyn, fu accusato di tradimento ed arrestato.

Nel perdurare della prigionia scrisse lettere alla figlia Margareth Roper e scelse il silenzio, che la Corte interpretò come ammissione di colpevolezza.

Il 6 luglio del 1535 fu decapitato a Tower Hill.

“… Avanzò quindi verso il ceppo, davanti al quale s'inginocchiò per la recita del Miserere. Poi si rialzò in piedi, e quando il boia gli si avvicinò per chiedergli perdono, lo baciò affettuosamente e gli mise in mano una moneta d'oro…. gli disse: Tu mi rendi oggi il più grande servizio che un mortale mi possa rendere. Solo sta' attento: il mio collo è corto, vedi di non sbagliare il colpo. Ne andrebbe della tua riputazione…. Da sé si bendò gli occhi con uno straccetto… Quindi… si coricò lungo disteso, appoggiando il collo sul ceppo, che era molto basso….

La sua testa fu esibita per un mese sul London bridge e poi riscattata dalla figlia.

Le spoglie sono custodite nella chiesa anglicana di San Pietro ad Vincula, contigua alla Torre di Londra.

L’Utopia

La produzione religiosa e giuridico/politica di Thomas More è notevole ma la sua opera più nota resta l’UTOPIA, pubblicata nel 1516 col titolo De optimo reipublicae statu deque nova insula Utopia libellus vere aureus, nec minus salutaris quam festivus, clarissimi disertissimique viri Thomae Mori inclytae civitatis Londinensis civis et Vicecomitis: vi raccontò di un'immaginaria isola/regno, regolata da una Società ideale; ne mutuò la definizione dal greco antico con un gioco di parole fra ou-topos ovvero non-luogo ed eu-topos ovvero luogo felice; volle indicarla come inesistente luogo felice.

Divise l’elaborato in città reale e città perfetta e vi vagheggiò il perfetto operare delle strutture pubbliche: …Gli antichi mi chiamarono Utopia per il mio isolamento; adesso sono emula della repubblica di Platone, e forse la supero (infatti ciò che quella a parole ha tratteggiato, io sola lo attuo con le persone, i beni, le ottime leggi), sicché a buon diritto merito di esser chiamata Eutopia…

Il testo ebbe carattere utopico e ucronico e fu influenzato dalle scoperte del nuovo mondo e dalla conoscenza delle attività di Amerigo Vespucci: non a caso irreale Protagonista ne fu il Navigatore Raphael Itlodeo, cui fu assegnato il compito di spiegare i costumi e le Istituzioni del Popolo menzionato.

L’opera è sostanzialmente ritenuta una sferzante e rigorosa critica all’Inghilterra e all’Europa coeva: nell’isola immaginata le Istituzioni politiche e sociali sono sane; la vita è il bene principale dell’Uomo e, pertanto, si stigmatizza la pena capitale; cruciali sono poi i principi di uguaglianza fra Sessi e la comunanza dei beni ispirata al modello della Repubblica di Platone. Tuttavia, se questa fondò su classi distinte e presuppose una organizzazione altamente gerarchizzata, l’Utopia di More eliminò le caste poiché, a suo avviso, scomparse le distinzioni tra Ceti, scompaiono anche le sperequazioni.

Per il perseguimento del bene e dell’interesse comune, pertanto, era ineludibile il ricorso alla abolizione della proprietà privata: i Cittadini di quella Repubblica avrebbero dovuto dedicarsi all’agricoltura e alla produzione dei beni necessari alla Comunità per sole sei ore al giorno, dedicando le rimanenti alla cura dei rapporti familiari, sociali e culturali conseguendone il rispetto per la tolleranza e per la pace e l’opposizione a tutte le persecuzioni e le guerre di religione. Unica ragione di dissenso risiedeva nei confronti di Chi avesse negato l’esistenza di Dio e l’immortalità dell’anima.

Centrale al pensiero di More fu l’idea della adorazione di Dio e la comprensione delle diversità confessionili, coesistendo così diversi culti: quello solare e quello lunare; quello degli Eroi; quello della Provvidenza e quello di un Essere supremo e Creatore che … coincida senz’altro con la natura stessa, la sola divinità e maestà da cui venga fatta dipendere per consenso unanime delle genti l’esistenza di tutte le cose…

La forma di governo ideale fu, dunque, la Repubblica ma, se si considera il contesto storico, se ne può dedurre l’attenzione per una Monarchia regolata da un Parlamento.

Spiccata vi apparve l’esigenza di riforma sociale sancita dalla critica dell’Inghilterra coeva e dalla dogmatica affermazione della abolizione della “Potestà regia” a favore della sovranità popolare.

Nella società proposta dal Filosofo, fu iscritta la regola della libertà: come Campanella e Bacon, anch’Egli progettò una società priva di beni personali e privati secondo i moduli teorizzati poi anche da Rousseau, Fourier, Proudhon e Leroux e la cui peculiarità risiede in una concezione comunista razionale, senza basi religiose e funzionale alla rimozione degli egoismi.

…Con More, in definitiva, il socio-economico vince pertanto sul politico, le cui istituzioni hanno un significato esclusivamente strumentale in vista della riproduzione della vita sociale al riparo da guerra e miseria…

La Città reale, permeata di pessimismo a causa della disgregazione morale prodotta dall’ affermarsi della Borghesia, fu dominata da un'analisi sulla situazione socio/politica inglese del tempo ed Egli vi ritenne illegittima la pena di morte per il furto, proponendone la soluzione col ritorno alla situazione economica medievale o con lo sviluppo dell’industria manifatturiera per la produzione di lana, onde promuovere economia utile al benessere della Nazione. Tuttavia poi escluse tali ipotesi nella convinzione che il male dei mali risiedesse nella proprietà, della quale propose l'abolizione e la equa distribuzione.

Nella Città perfetta, che si chiamò Amauroto dal greco "amauros" ovvero evanescente, essa vi fu vietata: la terra doveva esservi coltivata a turni di due anni da ogni Cittadino e a Ciascuno era fatto onere di lavorare sei ore al giorno potendo dedicare il tempo libero a passioni e professioni abituali, dando centralità allo studio delle scienze e della filosofia. La famiglia vi fu nucleo fondamentale: allargata e monogamica, prevedendo l’età coniugale per l'uomo a ventidue anni e per la donna a diciotto e consentendo il divorzio ma punendo l'adulterio con l’arresto.

Quanto alla religione: ampia tolleranza, ma rispetto per la Provvidenza di Dio e l'immortalità dell'anima, pena l’espulsione dall’isola.

More collaborò anche alla scrittura de "La difesa dei sette sacramenti": una polemica contro Lutero ed una difesa del Papato; tuttavia, presto esplose la querelle fra Chiesa e Corona con la conseguenza della scisma anglicano: nel 1532 il divorzio di Enrico per la ”colpa” di Caterina d’Aragona di non aver generato un erede maschio causò una crisi internazionale e Thomas, fortemente cattolico, abbandonò la Corte rifiutando di riconoscere il ruolo coniugale di Anne Boleyn: il conflitto fu esaltato dall’Act of Supremacy col quale nel 1534 il Tudor si dichiarò Capo della Chiesa anglicana.

Tradire la Fede o il Re?

Tradendo il Re, More si mantenne fedele ai propri principi confessionili!

Opere

La reputazione intellettuale di Thomas More è ancorata alla profonda cultura umanistica.

Egli scrisse: Life of Pico della Mirandola nel 1504;

Coronation Ode of King Henry VIII nel 1509;

History of King Richard III nel 1519;

Responsio ad Lutherum nel 1523;

A Dialogue Concerning Heresies nel 1528;

The Supplication of Souls nel 1529;

Confutation of Tyndale's Answer nel 1531;

De Tristitia Christi, pubblicato postumo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Hai delle domande? Contattami.

    Nome

    eMail

    Messaggio

    Copyright © Ornella Mariani Forni
    Sito realizzato e gestito da M&M Solutions Srl
    envelope linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram