Nacque a Napoli il 18 gennaio del 1752 e vi concluse l’esistenza il 30 giugno del 1799.
Era figlio di Michele dei Caracciolo di Brienza, investito del titolo di Duca da Carlo di Borbone, e già molto giovane spiccò per quelle doti umane e militari che lo resero coraggioso Ufficiale della Real Marina del Regno, potenziata dall’Aristocratico inglese John Acton al servizio di Ferdinando IV.
L’immissione di Francesco nei massimi ranghi della Flotta fu conseguente alla partecipazione alla guerra d'Indipendenza delle colonie nordamericane ed alla pratica effettuata al comando di uno sciabecco e poi di una fregata contro i Pirati di Algeri.
In realtà era stato educato nel collegio di San Giovanni a Carbonara e già a cinque anni era stato nominato, con ordine reale del 7 giugno 1757, Guardiamarina soprannumerario con la dispensa per la minorità.
Poi, nel 1761, divenne Guardiamarina proprietario grazie alla parentela col Capitano generale Michele Reggio, fratello della nonna paterna.
Il 14 giugno del 1766 fu imbarcato sulla fregata Sant’Amalia; il 19 agosto del 1767 fu nominato Alfiere di fregata e il 3 novembre fu preso a bordo della fregata San Ferdinando sulla quale restò fino al 1769.
Come secondogenito, fu ammesso il 22 novembre di quello stesso anno nell'Ordine di Malta e il 1º aprile del 1771 fu sullo sciabecco San Pasquale ricevendo poco dopo la promozione ad Alfiere di galea.
Dopo nove anni di attività sul mare, già Tenente del battaglione di marina, ottenne “…due anni di Real licenza con soldo per Malta…” e fu ancora imbarcato il 7 giugno del 1775 sulla fregata Sant’Amalia prima di avere il comando della goletta San Giuseppe, il 16 maggio del 1778.
Nel 1779 fu inviato dal Ministro Acton per addestramento sulla nave inglese Marlborough e tornò a Napoli il 1º settembre del 1781, quando fu elevato al grado di Tenente di vascello: l’anno dopo guidò la Dorotea in vittoriosi scontri contro i Predoni marocchini.
Nel 1784 fu Capitano di fregata e comandò lo sciabecco San Gennaro il Vigilante contro gli Algerini.
Con lettere apostoliche del 13 aprile del 1789 ottenne da Pio VI un vitalizio annuo di sessantacinque ducati d'oro e nove giuli di moneta romana sui frutti della mensa vescovile di Monopoli.
Il 12 agosto del 1790, insignito del grado di Capitano di vascello, assunto il comando del Tancredi fino a tutto il 1791 continuò a fronteggiare i Pirati barbareschi.
Incaricato nel marzo del 1792 di scortare la Ferdinando III, era nel porto di Livorno quando avvistò una fregata algerina armata di quaranta cannoni: due mesi dopo egli affondò due sciabecchi nemici nella rada di Cavallaire in Provenza, scaturendone un grave incidente diplomatico: il governo processò il Caracciolo, detenendolo a Gaeta dall'agosto al dicembre di quell’anno.
Una volta libero, fece parte della squadra borbonica inviata in appoggio alla Flotta inglese negli scontri che opposero la prima coalizione europea alla Francia rivoluzionaria.
Al comando ancora del vascello Tancredi militò nel 1793 agli ordini dell'Ammiraglio inglese Hoed durante l'assedio di Tolone e nel 1794 protesse dinanzi a San Fiorenzo lo sbarco in Corsica delle truppe inglesi del Generale Dundas.
Il 1º marzo 1795 raggiunse a Livorno la flotta britannica del Mediterraneo guidata dal viceammiraglio Hotham e il 14 marzo combatté valorosamente nella battaglia di capo Noli, ottenendo la resa di numerose imbarcazioni francesi: era al comando della nave di linea da settantaquattro cannoni e esibì grande talento con l’Armata navale anglo/partenopea guidata dall’Ammiraglio William Hotham anche nella Battaglia di Genova, impedendo alla Flotta nemica di sbarcare in Corsica.
In quella circostanza fu con Nelson che comandava la nave di linea da sessantaquattro cannoni Agamennone: ebbe il battesimo del fuoco assaltando e sequestrando l’imbarcazione francese di classe superiore Ça Ira.
Il 10 gennaio del 1797 fu promosso Brigadiere.
Il mese successivo di quell’anno, il Padre si spense ed il fratello Giuseppe Maria, gravemente ammalato, rinunciò alla primogenitura e al patrimonio anche materno: per evitare la frantumazione dei beni, Francesco allora assunse il titolo di Duca di Brienza e fu chiamato dal Re come Maggiordomo di settimana e Gentiluomo di camera con entrata.
Nel dicembre del 1798, considerato esperto e coraggioso Marinaio, fu promosso al grado di Ammiraglio e incaricato di scortare con la sua fregata la Sannita: il convoglio avrebbe condotto i Sovrani Ferdinando e Carolina a Palermo.
Nel corso della navigazione, però, fu umiliato dalla circostanza che i Reali avessero preferito affrontare la traversata a bordo della La Vanguard dell’Ammiraglio inglese.
Ebbe comunque occasione di esibire la propria padronanza del mare superando senza problemi una violenta tempesta che, per contro, provocò molti danni a Nelson.
Ottenne, pertanto, l’elogio formale del Re così suscitando l’invidia del Capo della Marina britannica.
L’anno successivo, autorizzato dallo stesso Sovrano, tornò a Napoli dove il 21 gennaio del 1799 era stata proclamata la Repubblica e, verosimilmente come molti segmenti di Aristocrazia, anch’Egli si infatuò degli ideali rivoluzionari.
Con l'avvicinarsi della restaurazione borbonica combatté, pertanto, contro la stessa Flotta reale rientrata per espellere i Ribelli colpendo nel corso dello scontro la Minerva dell’ Ammiraglio Giuseppe de Thurn.
Il 5 marzo del 1799 il Monitore Repubblicano di Eleonora de Fonseca Pimentel commentò l’adesione del Caracciolo: “…bravo come nautico, bravo come militare, più bravo come cittadino...” ed un mese dopo Egli sostituiva Raffaele Doria come direttore generale della Marina della Repubblica.
Il 5 aprile emanò un violento proclama antiborbonico e fra il 9 aprile ed il 16 maggio rivolse due accorati appelli rivoluzionari, mettendo anche insieme una piccola Flotta con cui compì azioni a sostegno della istituzione repubblicana: il 17 maggio attaccò la Marina borbonica e inglese che difendeva Procida; poi disturbò l'ammiraglia Minerva del Conte Thurn; inoltre affrontò ancora i Borboni tra Sorrento e Castellammare ed il 13 giugno, infine, con le sue cannoniere sostenne dal mare le resistenza del forte di Vigliena, assaltato dalla colonna calabra del Cardinale Ruffo, e i Difensori del ponte della Maddalena.
Caduta la Repubblica; interdetti gli accessi a Castelnuovo e a Castel dell'Ovo dove si erano rifugiati gli ultimi Rivoluzionari, Caracciolo riparò nel feudo materno di Calvizzano con il fedelissimo Antonio Chiapparo che aveva nominato erede universale. Tuttavia, tradito da un tal Gaetano Carandente, fu arrestato dal Colonnello Scipione La Marra il 25 giugno.
Il 29 giugno del 1799, Francesco fu arrestato e consegnato al Nelson sul Foudroyant per essere escusso.
Processo, pronunciamento della sentenza ed esecuzione avvennero nello stesso giorno.
Gli era stato comminato l’ergastolo, ma in contrasto con i patti, l’Ammiraglio inglese lo mutò:
Egli chiese di essere fucilato per evitare l’ignominia della impiccagione, ma gli fu negato e non si esclude che la sommaria crudeltà della sua fine dipendesse da risentimenti personali del Nelson.
Il Marinaio cui fu ordinato di preparare il capestro pianse e Caracciolo dignitosamente pronunciò le sue ultime parole: “…Sbrigati: è ben grazioso che, mentre io debbo morire, tu debbi piangere…”
Il suo corpo fu appeso ad un pennone della Minerva e poi gettato in mare.
Il cadavere riemerse dalle acque proprio mentre il superstizioso Re Ferdinando era in mare: fu recuperato e furono celebrati funerali nella chiesa di Santa Maria della Catena.
Fu sepolto accompagnato dall’epitaffio che riferiva della sua morte come causata “… dall' astio d'ingeneroso Nemico…
Francesco Caracciolo fu Cavaliere dell’Ordine di Malta e Massone iscritto alla Loggia partenopea Perfetta Unione, controllata dagli Inglesi.
Mariano d’Ayala nel Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli 1799 di Vicenzo Coco e sulla vita dell’Autore scrisse: …Si vide Caracciolo sospeso come un infame all'antenna della fregata Minerva; il suo cadavere fu gittato in mare. Il re era ad Ischia, e venne nel giorno susseguente, stabilendo la sua dimora nel vascello dell'ammiraglio Nelson. Dopo due giorni il cadavere di Caracciolo apparve sotto il vascello, sotto gli occhi del re...fu raccolto dai marinari che tanto l'amavano, e gli furono resi gli ultimi offici nella chiesa di s. Lucia che era prossima alla sua abitazione…
Bibliografia
B. Croce: La rivoluzione napoletana del 1799. Biografie e ricerche
G. De Gregorio: La fine di Francesco Caracciolo
P. Colletta: Storia del reame di Napoli