Maggio 4, 2024

Erzsébet Báthory di Ecsed

Il 30 dicembre del 1610, Mattia II d’Ungheria ordinò al Conte GyörgyThurzó di portarsi nel castello slovacco di Cachtice in Slovacchia, per verificare la fondatezza delle orrende voci sulle attività criminali della Contessa Erzsébet Báthory di Ecsed.

Nel giardino che circondava il palazzo, fu rinvenuto il cadavere di una Serva morta di percosse e nel vestibolo giaceva il corpo esanime di una Giovane morta dissanguata, mentre nei sotterranei agonizzavano una dozzina di Fanciulle.

Gli ambienti erano dominati dall’acre odore del sangue e della putrefazione al quale sembrava indifferente la sadica e crudele Castellana.

Successivamente, sarebbe emersa una realtà agghiacciante: elementi testimoniali le attribuirono centinaia di omicidi.

Erzsébet Báthory di Ecsed discendeva da una antica e potente famiglia protestante della Transilvania: era nipote del Principe Stefano I Báthory, precario Re di Polonia fra il 1575 e il 1586, e fra i Parenti più stretti annoverava pezzi di Alto Clero ed Eroi nazionali.

Era figlia unica dei Conti Anna e George, residenti a Cachtice; era nata nel 1560 a Nyírbátore ed era stata allevata ad Ecsed, ove aveva studiato l’ungherese, il latino e il tedesco malgrado fosse affetta da una patologia ereditaria, ovvero una grave forma di epilessia motivata dalla consanguineità ed aggravata da altri disturbi mentali.

Ad undici anni era stata promessa sposa al sedicenne cugino Conte Ferenc Nádasdy, nato il 6 ottobre a Sàrvàr ed esponente di una delle più illustri e ricche famiglie magiare.

Per festeggiare il legame Ella era stata inviata in Ungheria presso la nuova famiglia, ove presto era stata coinvolta in un enorme scandalo: era restata incinta di uno dei Servi del castello.

Furioso ma comunque deciso ad impalmarla per accaparrarsene la ricchezza, lo Sposo ordinò la castrazione e l’esecuzione del Colpevole e fece partorire segretamente la Fidanzata.

L’8 maggio del 1575 i Due contrassero matrimonio nella slovacca Vranovnad Topl’ou e, stante il prestigio dei Báthory, Ferenc ne acquisì il cognome. Poi si trasferirono a Cachtice, dove nacquero in seguito quattro figli: Anna, Katharina, Ursula e Paul.

I doveri militari allontanarono il Conte dalla dimora più volte, per combattere i Turchi assicurandogli fama di coraggioso Combattente e l’appellativo di Cavaliere Nero d’Ungheria; ma il 4 gennaio del 1604, nel corso di un’ennesima campagna militare, morì per ragioni ancora ignote.

Il sospetto che Mattia II d’Ungheria non fosse estraneo al decesso affondò radici nella minaccia rappresentata dai Báthory per il Trono ungherese e nell’ampiezza del territorio da essi dominato: scomparso Ferenc, alla guida dell’imponente patrimonio restò la Vedova quarantaquattrenne, che non esitò ad allearsi con il nipote Principe transilvano Gábor I per contrastare con i Tedeschi le mire del Sovrano.

Circolavano già, al tempo, voci sulle sue efferatezze e la sua cui ferocia, già condivisa dal coniuge, era ben nota com’è provato da un epistolario in cui la coppia si consultava sui metodi di tortura adeguati a mantenere l’ordine e sugli abusi a cui veniva sottoposta la loro Servitù.

Alla morte di Ferenc le dicerie si intensificarono e si sparse notizia che la Contessa praticasse anche la stregoneria.

Avallate dalla misteriosa scomparsa di molte giovani Donne del luogo, le maldicenze indussero Mattia II ad avviare un’inchiesta.

Era risaputo che Erzsébet avesse stretti rapporti con la zia Contessa Karla; che partecipasse alle orge da Costei organizzate; che conoscesse l’Occultista Dorothea Szentes dalla quale sarebbe stata incoraggiata al sadismo e dalla quale, assieme al complice Thorko, avrebbe appreso pratiche occulte.

Si stima che, assistita dal suo Valletto: il nano Ficzkó, Ella avesse cominciato ad uccidere fra il 1585 ed il 1610 e che della circostanza fosse a conoscenza l’interno nucleo familiare, deciso a non sfidarne la potenza conseguita quando divenne Amministratrice unica dei beni del figlio seienne e quando, nel 1607, il nipote Gábor fu eletto Principe di Transilvania a scapito del Conte GyörgyThurzó.

Assassinò in quegli anni giovani Contadine e Ragazze estratte dalla Nobiltà minore: istituita nel 1609 nella propria residenza un'Accademia che le istruisse, a tradimento le seviziava a morte.

Quando le denunce per le sparizioni di Costoro arrivarono alla Chiesa, l'Imperatore Mattia fu sollecitato ad aprire un’inchiesta vivamente sollecitata anche dal Thurzó, nel frattempo divenuto Conte Palatino d'Ungheria.

E fu lo poi stesso Sovrano, ad indagini concluse, a confiscare l’immenso patrimonio della Contessa; a firmare il decreto di arresto; ad obbligarla alla detenzione in un luogo privo di luce, su richiesta delle famiglie delle Vittime.

Il processo

Erzsébet fu arrestata e posta sotto la custodia di Thurzó.

Nei due anni successivi fu avviato il processo, celebrato a Bytca.

Gli atti ad esso riferiti sono conservati negli Archivi Nazionali ungheresi e raccontarono orrori terrificanti: la sanguinaria Contessa, però, rifiutò di sottoporsi al giudizio della Corte e si appellò ai privilegi legati al suo status sociale.

La sua testimonianza non fu comunque necessaria.

Deposero, invece, i suoi quattro Collaboratori; le Dame di compagnia e l’Amministratore del castello che spiegarono come, eseguendone gli ordini, avevano selezionato molte Adolescenti nel ruolo di Cameriere o di elementi del seguito.

Una volta nel palazzo, Esse venivano percosse; frustate e sottoposte a torture attraverso tenaglie, paletti e ferri roventi, prima di essere sepolte nel parco o nelle segrete del palazzo.

La Nobildonna si bagnava del loro sangue, nella convinzione di assicurarsi l’eterna giovinezza.

Quante le vittime?

Secondo il suo stesso diario, seicentocinquanta.

La scure della giustizia si abbatté su Tutti: i Collaboratori di Erzsébet, fra cui la fedelissima Domestica Ilona Ioóe e l’Amante László, furono dichiarati colpevoli di stregoneria e di pluriassassinio.

Ficzkó fu decapitato; ad Ilona, prima di arderla viva assieme alla complice Dorka, furono amputate le dita: i loro resti furono bruciati e le ceneri disperse perché le anime non trovassero pace.

Ad Arszébet, atteso il suo rango sociale, il Tribunale irrogò il carcere perpetuo in una stanza del suo castello priva di qualsiasi spiraglio che potesse darle luce.

Poteva comunicare con l’esterno solo attraverso una piccola apertura, dalla quale le venivano passati solo pane e acqua.

Nel luglio del 1614, ormai priva di forze, Ella fece testamento alla presenza dei Carcerieri e il successivo 21 agosto morì chiedendo di essere sepolta nella chiesa di Cachtice.

I Residenti, tuttavia, si opposero alla inumazione in terra sacra e fu, pertanto, alloggiata nel cimitero del villaggio di Ecsed, di proprietà della famiglia.

La Corona acquisì il suo enorme patrimonio.

La storia della Báthory colma il vuoto iconografico femminile degli orrori.

Erzsébet Báthory di Ecsed

Il 30 dicembre del 1610, Mattia II d’Ungheria ordinò al Conte GyörgyThurzó di portarsi nel castello slovacco di Cachtice in Slovacchia, per verificare la fondatezza delle orrende voci sulle attività criminali della Contessa Erzsébet Báthory di Ecsed.

Nel giardino che circondava il palazzo, fu rinvenuto il cadavere di una Serva morta di percosse e nel vestibolo giaceva il corpo esanime di una Giovane morta dissanguata, mentre nei sotterranei agonizzavano una dozzina di Fanciulle.

Gli ambienti erano dominati dall’acre odore del sangue e della putrefazione al quale sembrava indifferente la sadica e crudele Castellana.

Successivamente, sarebbe emersa una realtà agghiacciante: elementi testimoniali le attribuirono centinaia di omicidi.

Erzsébet Báthory di Ecsed discendeva da una antica e potente famiglia protestante della Transilvania: era nipote del Principe Stefano I Báthory, precario Re di Polonia fra il 1575 e il 1586, e fra i Parenti più stretti annoverava pezzi di Alto Clero ed Eroi nazionali.

Era figlia unica dei Conti Anna e George, residenti a Cachtice; era nata nel 1560 a Nyírbátore ed era stata allevata ad Ecsed, ove aveva studiato l’ungherese, il latino e il tedesco malgrado fosse affetta da una patologia ereditaria, ovvero una grave forma di epilessia motivata dalla consanguineità ed aggravata da altri disturbi mentali.

Ad undici anni era stata promessa sposa al sedicenne cugino Conte Ferenc Nádasdy, nato il 6 ottobre a Sàrvàr ed esponente di una delle più illustri e ricche famiglie magiare.

Per festeggiare il legame Ella era stata inviata in Ungheria presso la nuova famiglia, ove presto era stata coinvolta in un enorme scandalo: era restata incinta di uno dei Servi del castello.

Furioso ma comunque deciso ad impalmarla per accaparrarsene la ricchezza, lo Sposo ordinò la castrazione e l’esecuzione del Colpevole e fece partorire segretamente la Fidanzata.

L’8 maggio del 1575 i Due contrassero matrimonio nella slovacca Vranovnad Topl’ou e, stante il prestigio dei Báthory, Ferenc ne acquisì il cognome. Poi si trasferirono a Cachtice, dove nacquero in seguito quattro figli: Anna, Katharina, Ursula e Paul.

I doveri militari allontanarono il Conte dalla dimora più volte, per combattere i Turchi assicurandogli fama di coraggioso Combattente e l’appellativo di Cavaliere Nero d’Ungheria; ma il 4 gennaio del 1604, nel corso di un’ennesima campagna militare, morì per ragioni ancora ignote.

Il sospetto che Mattia II d’Ungheria non fosse estraneo al decesso affondò radici nella minaccia rappresentata dai Báthory per il Trono ungherese e nell’ampiezza del territorio da essi dominato: scomparso Ferenc, alla guida dell’imponente patrimonio restò la Vedova quarantaquattrenne, che non esitò ad allearsi con il nipote Principe transilvano Gábor I per contrastare con i Tedeschi le mire del Sovrano.

Circolavano già, al tempo, voci sulle sue efferatezze e la sua cui ferocia, già condivisa dal coniuge, era ben nota com’è provato da un epistolario in cui la coppia si consultava sui metodi di tortura adeguati a mantenere l’ordine e sugli abusi a cui veniva sottoposta la loro Servitù.

Alla morte di Ferenc le dicerie si intensificarono e si sparse notizia che la Contessa praticasse anche la stregoneria.

Avallate dalla misteriosa scomparsa di molte giovani Donne del luogo, le maldicenze indussero Mattia II ad avviare un’inchiesta.

Era risaputo che Erzsébet avesse stretti rapporti con la zia Contessa Karla; che partecipasse alle orge da Costei organizzate; che conoscesse l’Occultista Dorothea Szentes dalla quale sarebbe stata incoraggiata al sadismo e dalla quale, assieme al complice Thorko, avrebbe appreso pratiche occulte.

Si stima che, assistita dal suo Valletto: il nano Ficzkó, Ella avesse cominciato ad uccidere fra il 1585 ed il 1610 e che della circostanza fosse a conoscenza l’interno nucleo familiare, deciso a non sfidarne la potenza conseguita quando divenne Amministratrice unica dei beni del figlio seienne e quando, nel 1607, il nipote Gábor fu eletto Principe di Transilvania a scapito del Conte GyörgyThurzó.

Assassinò in quegli anni giovani Contadine e Ragazze estratte dalla Nobiltà minore: istituita nel 1609 nella propria residenza un'Accademia che le istruisse, a tradimento le seviziava a morte.

Quando le denunce per le sparizioni di Costoro arrivarono alla Chiesa, l'Imperatore Mattia fu sollecitato ad aprire un’inchiesta vivamente sollecitata anche dal Thurzó, nel frattempo divenuto Conte Palatino d'Ungheria.

E fu lo poi stesso Sovrano, ad indagini concluse, a confiscare l’immenso patrimonio della Contessa; a firmare il decreto di arresto; ad obbligarla alla detenzione in un luogo privo di luce, su richiesta delle famiglie delle Vittime.

Il processo

Erzsébet fu arrestata e posta sotto la custodia di Thurzó.

Nei due anni successivi fu avviato il processo, celebrato a Bytca.

Gli atti ad esso riferiti sono conservati negli Archivi Nazionali ungheresi e raccontarono orrori terrificanti: la sanguinaria Contessa, però, rifiutò di sottoporsi al giudizio della Corte e si appellò ai privilegi legati al suo status sociale.

La sua testimonianza non fu comunque necessaria.

Deposero, invece, i suoi quattro Collaboratori; le Dame di compagnia e l’Amministratore del castello che spiegarono come, eseguendone gli ordini, avevano selezionato molte Adolescenti nel ruolo di Cameriere o di elementi del seguito.

Una volta nel palazzo, Esse venivano percosse; frustate e sottoposte a torture attraverso tenaglie, paletti e ferri roventi, prima di essere sepolte nel parco o nelle segrete del palazzo.

La Nobildonna si bagnava del loro sangue, nella convinzione di assicurarsi l’eterna giovinezza.

Quante le vittime?

Secondo il suo stesso diario, seicentocinquanta.

La scure della giustizia si abbatté su Tutti: i Collaboratori di Erzsébet, fra cui la fedelissima Domestica Ilona Ioóe e l’Amante László, furono dichiarati colpevoli di stregoneria e di pluriassassinio.

Ficzkó fu decapitato; ad Ilona, prima di arderla viva assieme alla complice Dorka, furono amputate le dita: i loro resti furono bruciati e le ceneri disperse perché le anime non trovassero pace.

Ad Arszébet, atteso il suo rango sociale, il Tribunale irrogò il carcere perpetuo in una stanza del suo castello priva di qualsiasi spiraglio che potesse darle luce.

Poteva comunicare con l’esterno solo attraverso una piccola apertura, dalla quale le venivano passati solo pane e acqua.

Nel luglio del 1614, ormai priva di forze, Ella fece testamento alla presenza dei Carcerieri e il successivo 21 agosto morì chiedendo di essere sepolta nella chiesa di Cachtice.

I Residenti, tuttavia, si opposero alla inumazione in terra sacra e fu, pertanto, alloggiata nel cimitero del villaggio di Ecsed, di proprietà della famiglia.

La Corona acquisì il suo enorme patrimonio.

La storia della Báthory colma il vuoto iconografico femminile degli orrori.

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